Il castello di Gropparello è uno splendido esempio di fortificazione medievale, posto a guardia dell’ingresso a una valle a una trentina di chilometri a sud di Piacenza. L’opera sorge su una roccia vulcanica che cade a picco sul sottostante corso del torrente Vezzeno formando un’impressionante gola di 85 metri di altezza.
Di Elena Percivaldi e Mario Galloni.
Il castello di Gropparello è un autentico «nido d’aquila», praticamente inespugnabile, e domina la verdissima val Vezzeno, parte dell’Appennino ligure, con i suoi dolci pendii rigati dai vigneti e, a salire verso il castello, da boschi di pini silvestri.
La Storia
Già nel III secolo gli antichi romani avevano colto l’importanza strategica del sito dove poi sarebbe sorta una fortificazione in epoca carolingia, edificandovi un castrum e probabilmente una torre di guardia per controllare la strada che portava a Veleia, sede di un municipium e capoluogo della zona. Il primo documento storico che riguarda Gropparello risale invece all’810, all’atto con cui l’imperatore Carlo Magno concedeva la zona in feudo al vescovo di Piacenza Giuliano II. La prova dell’esistenza del castello arriva in modo indiretto qualche anno dopo, nell’840, durante una disputa tra la Mensa Vescovile e il Capitolo della Cattedrale di Piacenza, risolta dal vescovo Suffredo attribuendo la rocca al patrimonio della curia. Unico baluardo guelfo all’interno di un territorio largamente ghibellino, il castello nel Medioevo pagò questa sua appartenenza sopportando numerosi assedi. Quello portato nel 1255 dalle truppe di Oberto Pallavicino, condottiero parmense sostenitore di Federico II e della parte ghibellina, dopo un’estenuante campagna, costrinse gli assediati alla resa e costò al castello la perdita della cinta muraria, fatta abbattere dai vincitori. Tornata in mano guelfa e fornita di più solide difese, cinque anni più tardi la struttura resistette invece alla vendetta del Pallavicino, che inviò invano quattrocento fanti piacentini e cremonesi per espugnarla. Fu un bagno di sangue e i pochi superstiti di parte ghibellina vennero condotti a Piacenza e giustiziati. L’appartenenza guelfa proseguì con la potente famiglia piacentina dei Fulgosio, padroni del castello di Gropparello dalle prime decadi del Trecento fino al 1464.
Il fantasma
A questo prestigioso casato apparterrebbe anche l’immancabile fantasma che aleggia nella rocca, come in tanti altri manieri medievali. Si tratterebbe dello spirito senza pace, e ne avrebbe tutte le ragioni, di Rosania Fulgosio, murata viva dal consorte, tal Pietrone da Cagnano, come punizione per la sua infedeltà. Durante l’assenza del marito, infatti, la giovane avrebbe ceduto alle lusinghe di un’antica fiamma, Lancillotto Anguissola, giovane capitano di ventura che aveva cinto d’assedio e poi conquistato il castello. Richiamato l’amante da altre imprese militari, e rientrato il marito (nel frattempo reso edotto del tradimento da una perfida fantesca di nome Verzuvia), la fedifraga fu addormentata con un vino drogato, quindi murata viva in una stanza nelle segrete del castello, scavata direttamente nella roccia. Condannata a morire di stenti, l’infelice da allora non mancherebbe di far sentire, soprattutto di notte, tristi gemiti e lamenti. Lasciata la leggenda per far ritorno nella storia, dalla seconda metà del Quattrocento il castello di Gropparello subì numerosi cambi di proprietà, la più duratura delle quali (almeno due secoli) risultò quella inaugurata da Marcantonio Anguissola, insignito del feudo e del titolo di conte di Gropparello direttamente da Ranuccio I Farnese. Con l’estinzione degli Anguissola agli inizi dell’Ottocento, il castello andò incontro a un lungo periodo di degrado dal quale venne sottratto nel 1869 dal nuovo proprietario, il conte Ludovico Marazzani Visconti Terzi, che ne affidò il restauro all’architetto Camillo Guidotti, il quale in coerenza con lo stile dell’epoca aggiunse strutture neogotiche e aprì alcune finestre nel mastio. Dal 1974 il castello è di proprietà della famiglia Gibelli che ne ha fatto la propria residenza e lo ha reso fruibile al pubblico.
La visita
La doppia cinta muraria merlata, l’imponente mastio, il cortile, le torri e il camminamento di ronda scavato nella roccia: nonostante i molteplici interventi risalenti a epoche diverse, il castello ha mantenuto inalterato l’aspetto compatto e severo della fortificazione medievale, grazie al paesaggio in cui è immerso e al profondo fossato a secco che circonda la struttura sui tre lati, formando un’invalicabile difesa naturale. L’accesso alla fortezza era possibile soltanto attraverso due ponti levatoi. Dominato dal possente mastio, dalla cui terrazza la vista spazia fino a Piacenza, il cortile interno del castello non ha forma regolare, ricalcando quella dello sperone di roccia su cui l’intera struttura è costruita.Alla parte nobile, adibita a dimora del feudatario e della famiglia, si accede attraverso una scala a doppia rampa. All’interno si trovano la sala d’armi, il salottino da conversazione, la camera dell’alcova – oggi adibita a sala da musica – e lo studio. La sala da pranzo è dominata da un monumentale camino ornato da eleganti decorazioni a stucco di carattere mitologico. Tra i quattordici ettari di boschi e prati che circondano il castello ha preso vita il parco delle Fiabe, il primo Parco Emotivo d’Italia, dove fate, elfi, cavalieri e streghe introducono il visitatore nella magica atmosfera medievale. Dal 2008 l’offerta è arricchita dal parco delle Rose, un percorso alchemico attraverso profumi, luci, ombre e simboli, con oltre mille piante e più di cento varietà di rose.
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