Di vino e d’altro ancora

14,00 

Autore: Vincenzo Reda
Formato: 15 x 21
Pagine: 224
ISBN: 978-88-7707-195-8

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Descrizione prodotto

Di vino e d’altro ancora. Un libro per imparare a bere e mangiare con la propria testa. Un personalissimo viaggio alla scoperta di vino, cibo, territori e culture dedicato a Gino Veronelli. Dal Barolo al Sangiovese passando per i vini brasiliani, dal pesce alla cucina salentina, dal ristorante dove mangiava Cavour alle avventure di uno chef calabrese a Mosca. Di vino e d’altro ancora è un originalissimo tour enogastronomico, un giro del mondo alla scoperta di sapori inaspettati. Un compendio di tutta la cultura enogastronomica.

DECALOGO DEL VINO

  1. Il vino non si degusta, si beve.
  2. Il vino è una questione sempre soggettiva.
  3. Il vino è una faccenda che attiene alla poesia, non alla scienza.
  4. Il vino non ama le guide: le considera tutte più o meno false o inattendibili.
  5. Il vino è succo d’uva fermentato, non è nettare.
  6. Il vino non ha nulla a che spartire con gli dei.
  7. Il vino, quando si parla di religione, tende a diventare aceto.
  8. Il vino è geloso: ogni bottiglia è un universo che mira a essere assoluto.
  9. Il vino è sensibile alle compagnie, al contesto, al clima… a tutto.
  10. Il vino è un mistero insondabile, ma è il mistero meno misterioso del mondo.

DALLA PREFAZIONE

INTRODUZIONE

Quando Vincenzo parla o scrive di vino, e di quanto con il vino confina, occorre dargli credito: è in qualche modo, come si dice, competente. La sua storia puzza di vino fin dal concepimento: infatti, la mamma Laura s’invaghì del giovane Giuseppe mentre questi era impegnato a potare una vite di Gaglioppo. Si era a Cirò, nei primissimi anni Cinquanta: il nonno Vincenzo guidava una squadra di esperti potini e innestini che girava per la Calabria dei grandi latifondi curando oliveti, aranceti e vigne. Giuseppe e suo fratello Salvatore erano i più giovani di un gruppo, guidato dal padre, che era stato ingaggiato a Cirò per curare i frutteti e le vigne dei conti Siciliani. E quanto bevevano: tutti e tra loro il patriarca Vincenzo, campione indiscusso! Erano originari di un paese situato sulle pendici boscose della Sila e da generazioni si occupavano di vino, olivi, castagne, agrumi. Possedevano una bella vigna, posta a circa 500 metri di altitudine – nella zona che oggi è parte della DOC Donnici – con vitigni come Gaglioppo, certo, ma anche Greco, bianco e nero, Nerello e Malvasia. Al vino Vincenzo è stato iniziato dal nonno omonimo già in fase di svezzamento, e il vino ha continuato a frequentarlo per tutta la prima infanzia in quei densi riti contadini oggi tracannati e ormai annichiliti dal tempo. Né, per certo, la discesa verso Torino – verso un malinteso benessere che tra i Cinquanta e i Sessanta era il volano che alimentava i sogni degli ignari contadini meridionali – servì per annacquare quell’innato talento: in maniera assai naturale, il Gaglioppo e il Nerello vennero declinati in Barbera e Dolcetto che erano acquistati direttamente dai contadini astigiani (soprattutto in Agliano). Più tardi, Giuseppe con i fratelli Salvatore e Giovanni il vino presero a farlo in prima persona, acquistando le uve da fidati fornitori. Vincenzo il vino continuò a berlo e la sua vicenda personale lo portò, nei primi anni Ottanta, a conoscere a Parigi i vini francesi e a frequentare in Italia la ristorazione di qualità in cui poté, fra i primi, apprezzare quei Tignanello e quei Sassicaia che allora sconvolsero e contribuirono a elevare la qualità del vino italiano.

L’AUTORE

Vincenzo Reda

Calabrese nato alle pendici della Sila, da sempre vive a Torino. Appassionato di editoria e artista, ha lavorato presso radio, teatro e tv e ha all’attivo numerose pubblicazioni con diversi autori Tra cui Di vino e d’altro ancora.