A Bobbio l’abbazia fondata dal monaco irlandese San Colombano sorge all’interno del centro abitato della cittadina, che andò sviluppandosi intorno a un monastero destinato a essere, per secoli, uno dei più importanti di tutta Europa.
Di Michela Tarozzi
A Bobbio la fondazione dell’abbazia di San Colombano è opera dello stesso santo monaco irlandese, che nel 614 costituì il primo cenobio (nucleo monastico), con capanne di legno costruite intorno all’antica chiesa di San Pietro, oggetto nell’occasione di un intervento di recupero. La terra e la chiesa furono donate ai monaci dal re longobardo Agilulfo.
La storia
L’anno successivo alla fondazione san Colombano, che aveva creato una regola apposita per guidare la vita della comunità, morì proprio nel cenobio e le sue spoglie si trovano tuttora nella cripta, insieme a quelle degli abati successori. Chi venne dopo di lui, l’abate Attala, pose le basi per l’espansione economica e culturale del monastero e creò uno scriptorium di monaci, che nel 980 aveva già prodotto un catalogo da 700 codici e una biblioteca in cui erano conservati 25 dei 150 manoscritti più antichi della letteratura latina esistenti al mondo. Una delle opere più pregevoli create nell’abbazia fu il Glossarium Bobiense, una antica enciclopedia risalente al IX secolo. Il terzo abate, san Bertulfo, nel 628 si recò in pellegrinaggio a Roma e ottenne da papa Onorio I che l’abbazia fosse sottratta alla giurisdizione vescovile per essere soggetta direttamente alla Santa Sede, mentre san Bobuleno introdusse nel monastero la regola benedettina, che in seguito divenne l’unica seguita dalla comunità. Il patrimonio dell’abbazia crebbe al punto che si creò il feudo monastico di Bobbio, con possedimenti che arrivavano alla Liguria e alla Toscana a sud, nelle Langhe fino a Torino a est e che vantava terreni sparsi in tutta l’Italia settentrionale. Sotto Carlo Magno il monastero divenne sostanzialmente un feudo monastico imperiale, con la nomina degli abati decisa dall’autorità politica. Alla fine del IX secolo il monastero originario fu abbandonato (oggi in quel luogo si trova il castello Malaspina) e ricostruito nella posizione attuale, più a valle, dove fu edificata una nuova chiesa abbaziale. Il complesso crebbe notevolmente, poiché si rese necessario costruire un monastero più grande sia per l’accresciuto numero dei monaci, sia per accogliere i pellegrini che ormai facevano tappa a San Colombano da tutta Europa. L’opera fu intrapresa dall’abate Agilulfo e la chiesa fu consacrata nell’883.
L’apogeo e il declino
Un evento chiave della storia dell’abbazia fu l’erezione del feudo monastico di Bobbio a sede vescovile e a contea, grazie all’intercessione dell’abate Pietroaldo che, nel Natale del 1013, si recò a Pavia dall’imperatore Enrico II per chiedere questo privilegio. In occasione della sua incoronazione a Roma nel febbraio del 1014, il sovrano ottenne l’approvazione del progetto da parte del papa Benedetto VIII e Bobbio divenne città imperiale e sede episcopale. Il primo vescovo fu proprio Pietroaldo, che unì nella sua persona le cariche di vescovo e abate, ma nel 1040 i due poteri furono scissi, con delimitazione dei rispettivi territori, uno di pertinenza del vescovo (che nel 1046 divenne anche conte), uno sotto il controllo dell’abate. Nel 1153 i privilegi dell’abbazia furono confermati dall’imperatore Federico Barbarossa, ma le controversie che sorsero tra il vescovo e i monaci durante il XII secolo portarono papa Innocenzo III, nel 1199, a restituire all’abate autonomia spirituale e temporale, autorizzando però il vescovo a deporlo se non gli avesse fatto voto di obbedienza, sottomettendolo dunque di fatto all’autorità episcopale. La chiesa abbaziale fu oggetto, nel XIV secolo, di ampliamento, mentre tra il 1456 e il 1522, con l’arrivo dei benedettini di Santa Giustina da Padova che nel 1448 avevano sostituito la comunità dell’ordine di San Colombano sciolta da papa Niccolò V, fu eseguita una radicale ricostruzione, con la conseguenza che dell’antico complesso romanico furono conservate solo la torre campanaria, l’absidiola e un pavimento a mosaico custodito nell’attuale cripta. Successivamente l’interno fu decorato con affreschi, realizzati tra il 1527 e il 1530 da Bernardino Lanzani e da un suo aiutante. L’abbazia fu poi soppressa in epoca napoleonica e molti beni, tra cui i preziosi codici, venduti all’asta. Attualmente è chiesa parrocchiale appartenente al vicariato di Bobbio della diocesi di Piacenza-Bobbio.
La chiesa
La basilica di San Colombano oggi visitabile fu dunque fatta costruire dai benedettini subentrati ai colombaniani tra il 1456 e il 1522. Presenta una facciata sobria, costruita (complice il lungo periodo di edificazione) secondo una commistione di stili: romanico, gotico e rinascimentale. La facciata rispecchia la struttura a tre navate della chiesa ed è contraddistinta da un portico nella parte inferiore, denominato «Paradiso», che è stato aggiunto nel XVI secolo. Nella parte superiore invece, sopra il rosone moderno, si trova una nicchia con la statua bronzea di san Colombano benedicente, qui collocata nel 1965 in sostituzione della più antica, risalente al XV secolo, ormai rovinata e oggi custodita nel museo dell’abbazia. Sul portale d’accesso è affrescata la scritta Terribilis est locus iste, a sottolineare l’ingresso in un luogo sacro e misterioso, da trattare con rispetto e timore. Entrati in chiesa, si trovano i cicli di affreschi realizzati da Bernardino Lanzani da San Colombano al Lambro, che firmò il contratto con il priore del monastero nel 1526 e decorò le volte e le pareti delle navate e del transetto nel periodo compreso tra il 1527 e il 1530. I soggetti sono ispirati a episodi della Bibbia e del Vangelo. Settecentesca è invece la decorazione del presbiterio e della volta, opera di Luigi Mussi, che raffigurò episodi della vita di san Colombano, dipinto con la veste nera benedettina. Sulla parete di destra è riprodotto il Miracolo dell’orso aggiogato con il bue, su quella di sinistra il Miracolo della distruzione dell’anfora di cervogia, mentre la volta celebra la Gloria. Tra gli oggetti conservati nella chiesa, da annoverare il fonte battesimale del IX secolo, posto su una base del XVI secolo, mentre del XVIII è il coronamento ligneo; il coro ligneo nell’abside, frutto di un pregevole lavoro di intaglio e intarsio eseguito nel 1488 da Dominicus di Placentia, come riportato in capo agli stalli di destra; il mosaico della chiesa prerinascimentale nel piano ambulacro, datato XII secolo, che fu ritrovato per caso nel 1910 durante i lavori per la costruzione di una scalinata collegante la navata centrale con la cripta; un tappeto musivo policromo di ben 100 metri quadri. Il sarcofago di san Colombano, realizzato nel 1480 da Giovanni de Patriarchis, è conservato nella cripta, insieme a quelli dei due abati successori, sant’Attala e san Bertulfo: per le lastre tombali sono state usate le transenne marmoree longobarde sopra gli antichi affreschi e la cancellata in ferro battuto del XII secolo, antico divisorio tra il coro monastico e lo spazio riservato ai fedeli. Per quanto riguarda la torre campanaria, il suo impianto originale è del IX secolo.
Il Museo
Da visitare è anche il museo, che è stato ricavato nelle sale dove un tempo si trovavano lo scriptorium e la biblioteca dell’abbazia. In esposizione ci sono reperti ritrovati nella cripta e durante gli scavi eseguiti nella zona e altri provenienti dalla cattedrale di Bobbio. è articolato in sei sezioni, secondo una successione cronologica che va dall’epoca romana al Rinascimento. Tra i reperti più antichi, che comprendono sepolcri, anfore e altari romani, ci sono due pezzi particolarmente pregiati: una teca d’avorio risalente al III-IV secolo d.C. di provenienza siriaco-palestinese che raffigura Orfeo che suona la lira attorniato da molti animali e un’idria di alabastro della stessa epoca, presumibilmente dono di papa Onorio I ai monaci. Molto ricca la sezione lapidaria, con capitelli, colonnine e plutei della basilica del IX secolo, oltre alle pietre risalenti al periodo longobardo-carolingio, recanti motivi floreali o geometrici e ornate, in origine, da pasta di vetro colorata. Da segnalare la lapide del sepolcro di Cumiano, che l’abate di Bobbio ricevette in dono dal re longobardo Liutprando e che rappresenta un’opera d’arte sia longobarda (fronte) sia carolingia (retro), oltre che essere un classico esempio di riutilizzo, pratica molto in voga durante il Medioevo. Numerosi anche gli oggetti devozionali, i reliquiari e varie suppellettili. Opere di rilievo sono infine conservate nella pinacoteca, con il grande polittico di Bernardino Luini del 1522 che spicca su tutte.
Lascia un commento