Un itinerario norvegese nel Finnmark, alla scoperta del regno del ghiaccio.
Di Marco Carlo Stoppato.
Per questo itinerario norvegese abbiamo deciso di spingerci nell’estremo Nord del Paese, non per toccare il luogo più desiderato dai turisti, il famoso Capo Nord, anzi, nel nostro itinerario l’abbiamo proprio trascurato, ma per spingerci attraverso la Lapponia norvegese (Lapland) nella contea del Finnmark fino al confine stesso della Norvegia. Qui infatti il Finnmark s’insinua a nord sopra la Finlandia e a est nella parte occidentale della Russia, e ripiega verso sud spingendo un lembo di terra fra i due paesi. Anche sotto il profilo geologico questa regione segna il confine fra due aree distinte, quella europea e quella asiatica, con differenze nel tipo di roccia, nelle età e anche dal punto di vista geomorfologico-paesaggistico. La costa norvegese, infatti, presenta il tipico profilo molto frastagliato e profondamente inciso da stretti fiordi che s’insinuano per decine di chilometri nell’entroterra, mentre nella penisola di Kola, in territorio russo, la costa è piuttosto uniforme e poco incisa. Il contesto geologico è piuttosto complesso e martoriato, s’individuano rocce di diversa natura con età che variano dai 470 milioni di anni ai sedimenti più recenti, il che per i non addetti ai lavori si traduce in uno straordinaria varietà di rocce di diversi colori e forme. Il paesaggio montano ha probabilmente subito imponenti fenomeni di erosione, che ha scavato strette valli fluviali dal caratteristico profilo a V, e solo negli ultimi milioni di anni e millenni a seguito delle glaciazioni e dell’erosione glaciale quelle valli si sono approfondite, assumendo però il caratteristico profilo a U delle valli fluvioglaciali.
La solitudine
Il Finnmark è la contea più estesa del Paese, ma anche la meno popolata, e in inverno la solitudine appare ancora più accentuata e il paesaggio è davvero unico e incontaminato. Come spesso accade quando si pensa a un viaggio, lo spunto è una notizia ascoltata, una fotografia vista, un commento rubato; e anche in questo caso il motivo della nostra partenza è un personaggio direi unico, Lars Peter Ǿie, pescatore di granchi giganti di cui amici ci avevano parlato. Così, intorno a questo incontro, abbiamo costruito il nostro itinerario che farà base a Kirkenes. La cittadina, con meno di 3500 abitanti, si affaccia sul mare di Barents e durante l’inverno, da fine novembre a metà dicembre, il sole rimane sotto l’orizzonte concedendo solo un paio di ore di chiarore.
Fino ad aprile, con la presenza del buio notturno, Kirkenes e tutta la contea rappresentano un ottimo luogo dove ammirare le aurore boreali. La cittadina, a pochi chilometri dal confine russo, ha una segnaletica bilingue e la comunità russa è molto nutrita: area contesa per anni, i confini furono infine segnati nel 1826. La presenza di importanti giacimenti di ferro scoperti nel 1906 hanno reso Kirkenes un centro molto interessante durante la prima guerra mondiale per l’industria bellica, e ancor più appetibile durante la seconda guerra mondiale, quando ben centomila soldati tedeschi la occuparono. La città fu rasa al suolo durante il conflitto, subendo oltre 300 raid aerei, e a testimonianza di quanto successo è stato conservato il grande rifugio antiaereo costruito nel centro della città. Il sito si chiama Andersgrotta, è visitabile con le guide e all’interno immagini, video e testimonianze raccontano la storia del bunker dal 1941, anno di costruzione, fino al termine della guerra. Anche il Grenselandmuseet, a pochi passi dal centro, è dedicato agli avvenimenti della seconda guerra mondiale, a riprova di quanto la guerra abbia stravolto l’aspetto della città e dei suoi abitanti. Bello e ben organizzato, il museo offre anche una panoramica storica e culturale della cittadina di frontiera. Prima d’iniziare la nostra serie di escursioni, visto che è giovedì, visitiamo il mercato russo (solo il giovedì mattina), che offre un’ampia scelta di oggetti di artigianato molto colorati e anche qualche pezzo particolare, se si ha la pazienza di frugare fra le bancarelle.
Il viaggio
Partiamo la mattina presto uscendo dalla città in direzione sud, verso Elvenes sulla E105 a circa 6 chilometri di distanza; superiamo il piccolo centro e, dopo circa due chilometri, troviamo sulla sinistra il bivio per la strada 886, che percorriamo per pochi chilometri costeggiando il Jarfjorden ghiacciato fino a giungere alla sede dell’Arctic Adventure Resort, dove incontriamo Lars Peter.
Lars non è solo un pescatore, ma anche un famoso subacqueo polare con un’immensa esperienza e qualche record, tanto da essere spesso ingaggiato per produzioni documentaristiche e film. Con lui abbiamo organizzato un’uscita in gommone sulle acque semicongelate del fiordo per una battuta di pesca del granchio rosso reale. Naturalmente, noi siamo solo spettatori, ma dobbiamo darci da fare per aprirci un varco nel ghiaccio e soprattutto per tenere aperto il buco che Lars ha scavato nel ghiaccio per potersi immergere. Al termine della mattinata abbiamo per pranzo 6 granchi reali da 12 kg, con le chele che raggiungono i 2 metri di ampiezza, da mangiare con pane e burro fuso. La storia del granchio reale, il cui nome scientifico è Paralithodes camtschaticus, è particolare: pare sia il frutto di un tentativo di allevamento fallito da parte di scienziati russi che, chiudendo il progetto, persero o liberarono in mare, nei pressi del Murmanskfjord, alcuni esemplari alla fine degli anni Sessanta. Senza nemici naturali, i granchi proliferarono spostandosi rapidamente verso ovest e poi verso sud, scendendo lungo le coste norvegesi. Oggi questi animali sono una grande risorsa sia per i norvegesi sia per i russi, che si sono spartiti le quote di pesca.
Rientriamo in città e ci dirigiamo a nord, al villaggio di Bugoynes, piccolo porto sul Varangerfjord quasi tutto dedicato alla pesca industriale e alla commercializzazione del granchio, dove troviamo prodotti pronti da riportare in patria. L’escursione dedicata ala pesca del granchio, compresa la sua degustazione, si potrà anche prenotare presso lo Snowhotel di Kirkenes, che offre molte altre escursioni e attività ed è l’hotel dove trascorreremo una «notte artica».
Non siamo soliti frequentare «attrazioni turistiche» un po’ eccentriche, ma questa volta ci siamo lasciati tentare e abbiamo prenotato una delle 20 stanze che, insieme al bar, sono tutte scolpite nel ghiaccio da artisti del settore provenienti da molte parti del mondo, e decorate con bassorilievi realizzati con neve compattata. La temperatura all’interno dell’intera struttura è costante, –4 gradi centigradi, la privacy e il silenzio sono totali e l’atmosfera, una volta avvolti nei pesanti sacchi a pelo termici, è in effetti particolare. Le giornate a febbraio non sono ancora particolarmente lunghe, quindi organizziamo escursioni che abbiano una durata di 5 o 6 ore per poter uscire di nuovo dopo cena e allontanarci dalle luci della cittadina per poter osservare le nordic lights.
Le motoslitte
La giornata non inizia molto presto, visto che il sole si alza lento sull’orizzonte. Raggiungiamo la sede della Barents Safari, un’ottima organizzazione che si occupa di noleggio di motoslitte e organizza anche tour guidati: non è il caso di muoversi da soli, se non si ha esperienza di guida delle motoslitte. Noi ne abbiamo abbastanza, ma la guida non è proprio istintiva, i mezzi sono potenti e piuttosto pesanti, e per i principianti non è immediato riuscire a regolare il gas, che viene azionato dall’indice della mano destra stringendo una levetta. Il mezzo, quando si trova in contropendenza, tende a scivolare via e a ribaltarsi, non bisogna mai mettere i piedi a terra o, meglio, nella neve, mentre è molto utile guidare in piedi, come nelle moto fuoristrada, utilizzare il gas e soprattutto il corpo con il movimento delle spalle.
Dopo aver indossato le tute termiche e i caschi, partiamo in direzione est abbandonando ben presto la strada e addentrandoci nella tundra. Dopo aver attraversato il mare di Barents sul fiordo congelato di Jarfjorden, costeggiamo la strada 886. Attraversiamo laghi ghiacciati e ci inoltriamo fra strette valli nelle montagne prima di raggiungere la lunga valle del fiume Jacobselva, che costeggia il confine con la Russia. Nel tragitto abbiamo incontrato qualche gruppo di renne che alla nostra vista si sono avvicinate in cerca di qualche manciata di avena. Puntiamo verso nord, dove giungiamo nella zona di Grense Jakobselv: qualche piccola casa, ma soprattutto la chiesa di re Oscar II, costruita nel 1869, che si affaccia sul mare di Barents. La location è molto suggestiva, con le onde del mare che si frangono sulla spiaggia spruzzata di neve dove all’improvviso appare un gruppo di renne con grandi palchi. Questo luogo in estate viene raggiunto da motociclisti evoluti che non si accontentano di Capo Nord o da camperisti che si accampano sulla spiaggia di fronte al mare.
Questo è il punto della Norvegia continentale più distante da Oslo: per raggiungere la capitale rimanendo sempre in territorio norvegese bisogna percorrere via terra ben 2465 chilometri. Abbiamo percorso circa 60 chilometri dalla città per raggiungere questo luogo e, dopo aver sconfinato per qualche chilometro in territorio russo, prendiamo la via del ritorno attraversando qualche punto impegnativo di neve alta fuori dai sentieri. Abbiamo allungato un po’ il tragitto di ritorno e abbiamo percorso altri 80 chilometri; mentre la luce calava e il bianco della neve rifletteva la poca luce rimasta, rientriamo in città che ormai è buio.
Anche la mattina successiva decidiamo di intraprendere un’escursione in motoslitta, questa volta però punteremo a sud in direzione della cittadina di Neiden e poi sconfineremo in Finlandia. Corriamo attraverso un paesaggio innevato privo di vegetazione, una serie di altipiani incisi da corsi d’acqua. È tutto molto selvaggio e solitario, e ancora una volta incontriamo alcune renne. La guida è piacevole, con qualche passaggio un po’ più impegnativo; dopo circa un’ora, dopo aver superato le cascate di Skoltefossen, più che altro impetuose rapide con un modesto dislivello, raggiungiamo il villaggio, 250 anime, una bella chiesa bianca e rossa costruita in legno che mostra nelle decorazioni ancora alcuni motivi medioevali della tradizione vichinga, poche case e, un po’ defilata, ancora una minuscola cappella in legno. Sembra una baita, ma in effetti è la più piccola cappella russo ortodossa della regione. Costruita nel Sedicesimo secolo, fa parte dell’opera di cristianizzazione russa in queste terre; fu soprattutto dedicata all’evangelizzazione delle genti Skolt Sami, gli originari abitanti di questo lembo di terra di confine, ma anche di altre distribuite nei diversi territori fra Finlandia, Russia e Norvegia.
Foto da «Viaggi da sogno nel Grande Nord» di Marco Carlo Stoppato.
Neiden ha una città gemella in territorio finlandese chiamata Natamo, sconfiniamo quindi finlandese per fare piccoli acquisti, carne secca di renna e benzina. Pranzo al Neiden Mountain Lodge, in cima a un’altura: zuppa e naturalmente un piatto a base di carne di renna e marmellata di ribes. Volendo, avremmo potuto fare una sauna. Rientriamo a Kirkenes nel tardo pomeriggio per programmare al caldo i giorni successivi e il nostro rientro.
Visto che il tempo è buono e le temperature non troppo basse, abbiamo deciso di spingerci in quel lembo di terra stretto tra la Finlandia e la Russia nella valle del fiume Pasvik, che per molti chilometri segna il confine con la Russia stessa e dove si trova il Parco Nazionale Øvre Pasvik, istituito nel 1970. Imbocchiamo la strada statale E6 verso Hesseng e poi seguiamo le indicazioni per Pasvikdalen sulla 885. La strada attraversa la tundra e, dopo Svanvik e Skogfoss, s’inoltra nell’area protetta attraversando grandi foreste; dopo 87 chilometri raggiungiamo il Pasvik Camping (www.pasvikcamping.no), dove troveremo l’occorrente per muoverci all’interno del parco con motoslitte e ciaspole e volendo anche con l’ausilio di una guida locale.
La slitta. Foto da «Viaggi da sogno nel Grande Nord» di Marco Carlo Stoppato.
Le foreste primordiali
Il parco, circa 120 chilometri quadrati di superficie, è occupato da un gran numero di laghi non molto profondi, completamente gelati, e da un’ampia zona umida. I sentieri sono segnati e cartelli indicano i tipi di piante e altre informazioni sull’ambiente, la flora e la fauna, e i percorsi s’inoltrano nella taiga, tipicamente siberiana. Qui ci sono le foreste più primordiali di tutta la Norvegia, mai toccate dall’uomo, con meravigliosi pini silvestri secolari. L’area del parco si estende poi in un’altra aerea protetta che continua anche in Finlandia e Russia, in modo da preservare una più ampia area selvaggia. Qui si trovano piante che non esistono in altre parti del Paese, qui l’orso bruno trova il suo ambiente ideale per la riproduzione, la popolazione di alci già ampia è in aumento, come i caribù e le renne, che in inverno vengono portate qui dagli allevatori locali. Ma è tutto l’ecosistema in quest’area a essere ricco e in piena salute, e soprattutto in equilibrio. Camminare con lentezza nella neve alta in quest’ambiente davvero primordiale è impagabile.
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