Acqui Terme è una città di circa 20.000 abitanti che sorge sulla sponda sinistra del fiume Bormida, al confine tra le province di Alessandria e di Asti, nella porzione sudorientale dell’alto Monferrato. La città si adagia in una zona pianeggiante (156 m), circondata da dolci colline segnate dai lunghi e regolari filari delle viti, intercalati alle coltivazioni di erbe aromatiche e officinali, fra cui spiccano i campi violetti della lavanda.
Di Gian Vittorio Avondo e Claudio Rolando.
Acqui Terme e il suo territorio, pur caratterizzati dalla presenza delle sulfuree e caldissime acque termali, sono rinomati anche per varie eccellenze enologiche e gastronomiche. Qui si producono infatti Barbera, Brachetto, Cortese, Moscato e un ottimo Dolcetto, da gustare con una specialità acquese: il filetto baciato, un salame crudo che contiene all’interno un filetto di maiale macerato in salamoia e insaccato in budello naturale.
La Storia
La storia di Acqui Terme è segnata dalla presenza delle sorgenti termali, già note fin dall’epoca in cui in zona vivevano i Liguri Statielli. Ma fu solo fra II e I secolo a.C., con l’occupazione romana, che Acquae Statiellae divenne un centro di grande rilevanza, il cui prestigio crebbe ancor più quando, nel 109 a.C., venne vi arrivò la via Aemilia Scauri, sulla quale transitavano grandi flussi di merci. Acqui si trasformò così in una vera città, dotata di servizi di livello avanzato, come l’acquedotto e le fognature, e ricca di monumenti (come testimoniano i numerosi ritrovamenti archeologici), a ornamento di terme che Plinio il Vecchio collocava tra le migliori dell’impero. Verso la fine del primo millennio dell’era cristiana – nel 978, per la precisione –, la città visse una svolta importante, che ne contrassegnò i destini per secoli: a quell’epoca, Acqui (l’appellativo «Terme» venne aggiunto solo nel 1956) faceva parte della marca aleramica, ma l’imperatore Ottone II decise di affidarla al vescovo, rendendola così una zona indipendente all’interno del marchesato. Questa condizione fece la fortuna di Acqui, che ben presto si arricchì di chiese, palazzi e fortificazioni, oltre a munirsi di una cinta muraria che, fatto curioso, racchiudeva la parte alta della città, lasciando però all’esterno proprio la preziosa fonte d’acqua calda, «la Bollente». All’inizio del XII secolo, Acqui attraversò un periodo travagliato che comportò un grave declino a causa dei conflitti tra il potere vescovile, gli interessi di alcune famiglie di maggiorenti e gli appetiti dei grandi comuni che le stavano intorno, in particolare quello di Alessandria. La città rifiorì con il passaggio ai marchesi del Monferrato nel 1278: il castello venne riedificato, le mura ampliate e i commerci trassero un grande impulso dallo sviluppo del non lontano porto di Savona. Con l’estinzione della casata dei Paleologi, nel 1536 Acqui passò ai Gonzaga di Mantova finché, nel 1708, divenne parte dei domini sabaudi, dei quali da quel momento condivise le sorti. Nel XIX secolo, Acqui era un centro molto fiorente, tanto che le sue mura vennero abbattute per soddisfare le esigenze legate al notevole incremento demografico. Quando poi, a metà Ottocento, giunse la ferrovia, per Acqui e per le sue terme iniziò un periodo d’oro, che finì tuttavia con il secondo conflitto mondiale: una crisi che solo negli ultimi decenni la città è riuscita, almeno in parte, a superare.
La visita
Le testimonianze storiche e i monumenti di Acqui Terme sono localizzati soprattutto in due aree: il centro storico e la zona a cavallo del fiume Bormida. In quest’ultima si trovano le vestigia più antiche, di epoca romana: l’acquedotto, l’anfiteatro e la piscina romana (localizzata nelle vicinanze dell’attuale corso Bagni, appena a sud dell’hotel Nuove Terme). Scoperta nel 1913, questa struttura venne a lungo trascurata e solo di recente si è giunti a una sua definitiva sistemazione. La piscina faceva parte di un vasto complesso (purtroppo per la maggior parte scomparso, a causa dell’espansione del tessuto urbano) che, con il vicino anfiteatro, sorgeva alla periferia dell’antico insediamento. La sua vasca (13 x 6,5 m) è scavata direttamente nella roccia e veniva alimentata, attraverso un condotto, con l’acqua proveniente dalla Bollente. La copertura a botte trasformava così l’ambiente in un vero e proprio calidarium, come i Romani chiamavano gli ambienti riscaldati in cui, alle terme, potevano godere di bagni caldi. Sulla sponda opposta della Bormida, ben visibili dal ponte Carlo Alberto, campeggiano i resti dell’acquedotto romano. Si tratta di 15 pilastri e 4 archi risalenti all’epoca imperiale, che facevano parte della conduttura, lunga 13 chilometri, che riforniva la città con l’acqua del torrente Erro. I monumenti più recenti di Acqui Terme sorgono quasi tutti attorno alla Bollente la sorgente di acqua termale caldissima, la cui presenza è segnalata da un’edicola costruita a fine Settecento. A nordest della Bollente, in piazza Addolorata, sorge l’antica chiesa di San Pietro, già cattedrale. Si tratta di un edificio di origini paleocristiane quasi del tutto ricostruito nei secoli X-XI, consacrato nel 1067. Delle originali forme romaniche resta poco: la navata centrale, le absidi e il campanile ottagonale. La facciata è difficilmente leggibile, a causa dei numerosi rimaneggiamenti. Di grande rilievo la cripta, nonostante le modifiche avvenute nel corso dei secoli: si tratta di uno dei primi esempi di modelli architettonici romanici renani (cattedrale di Spira) importati in territorio italiano. A sudest della Bollente, al termine di una leggera salita, sorge la cattedrale di Santa Maria Assunta, consacrata dal vescovo Guido nel 1067. Da allora, l’edificio ha subito numerosi rimaneggiamenti, ma del periodo romanico sono ancora visibili le absidi e la cripta, che occupa l’area del transetto e del coro. Le decorazioni interne risalgono invece a un periodo compreso tra il XVI e il XIX secolo, mentre il campanile in facciata è di fine Quattrocento. Nella sala del capitolo sono custoditi il trittico della Vergine di Montserrat – splendida opera del 1480 di uno dei maggiori esponenti della pittura spagnola del XV secolo, Bartolomé Bermejo, detto Rubeus – e la pala di San Guido e i Dottori, dipinto di scuola lombarda del 1496. Interessante anche il chiostro dei Canonici, che si trova sul lato destro della cattedrale. A sud del duomo, in via Morelli, si trova poi il castello dei Paleologi, ricostruzione – voluta da Guglielmo VII Paleologo a fine Quattrocento – sui resti di un precedente «castelletto» eretto dal vescovo di Acqui. Più volte rimaneggiato nel XVII e nel XVIII secolo, oggi ospita le collezioni del Civico Museo Archeologico.
Poche centinaia di metri a nord della Bollente, in via Nizza, si affaccia l’ottocentesca chiesa di San Francesco, dal prospetto esterno neoclassico in mattoni a vista, che del primitivo edificio del XV secolo conserva ancora l’abside e la canna della torre campanaria. Al suo interno, si possono ammirare l’Immacolata Concezione, tela d’inizio Seicento di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, e l’Adorazione dei Magi di Rafael Soleri (1589-1590). A pochi passi dalla chiesa di San Francesco, in corso Roma, si trova il palazzo del Comune, che all’interno conserva ancora l’elegante decorazione settecentesca. Interessanti sono poi la chiesa di Sant’Antonio, di origini seicentesche, con un pregevole arredo ligneo rococò, il palazzo vescovile, che risale al periodo tra il 1450 e il 1592, il settecentesco seminario vescovile, opera di Bernardo Vittone, con un pregevole scalone «a forbice», e la chiesa della Vergine Addolorata. In stile romanico, quest’ultima mostra un curioso campanile ottagonale che si erge dall’abside sud. Questa chiesa fu ricostruita nel 1720 attraverso la trasformazione di parte della navata centrale di un preesistente edificio dell’XI secolo, che fungeva da chiesa abbaziale del monastero di San Pietro (ora non più esistente). A lungo trascurata, la chiesa della Vergine Addolorata è stata oggetto di un radicale intervento di recupero nel primo dopoguerra. Tra gli altri edifici acquesi degni di nota, si ricorda il palazzo Robellini, della cui origine cinquecentesca rimane l’importante colonnato, dove hanno sede gli uffici dell’Assessorato alla Cultura e l’Enoteca regionale. E infine le Terme, distinte fra Nuove e Antiche. Le prime si trovano in piazza Italia e risalgono al 1870, mentre le Antiche Terme sorgono al di là della Bormida e formano un vasto complesso, riedificato a fine Seicento sui resti di uno stabilimento preesistente che, distrutto da una frana nel 1687, è attestato nei documenti fin dal XV secolo.
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