La rocca di Nepi è immersa nell’ubertosa bellezza dell’Agro Falisco e si erge a dominare, con la sua alta torre e i corpulenti bastioni, l’antichissimo borgo di Nepi, porta dell’Etruria meridionale.
Di Elena Percivaldi e Mario Galloni.
La rocca di Nepi promana ancora oggi un fascino particolare, così come il borgo e i suoi paesaggi; nei secoli stregò poeti e artisti: tra questi anche l’inglese William Turner (1775-1851), che li immortalò in una serie di splendidi schizzi oggi conservati alla Tate Gallery di Londra.
Nepi fu fondata forse già nell’VIII secolo a.C. su uno sperone tufaceo dall’antico popolo italico dei Falisci, sottomesso da Roma nel 241 a.C., Nepi conobbe nei secoli grande splendore grazie alla sua posizione lungo la via Amerina e all’abbondanza d’acque. Centro strategico per il passaggio da nord verso Roma, divenne nel Rinascimento una roccaforte sotto l’influenza della Santa Sede e di due famiglie in particolare: i Borgia, che le conferirono per primi una struttura razionale e massiccia, e i Farnese, che le diedero l’attuale aspetto.

Un’incisione mostra una visione suggesitva della rocca.
La nascita
Cinta da mura di origine etrusco-romana, la rocca di Nepi sorge sui resti di una fortificazione di epoca imperiale posta a difesa del lato occidentale dell’abitato attraversato dall’antica via Amerina: a confermarlo sono le tracce della porta di ingresso alla città, di età romana, e i resti del basolato della strada, inglobati nei sotterranei dell’edificio. Nel travagliato periodo medievale il libero Comune di Nepi (dal 1131, come testimoniato da una lapide conservata nel portico della cattedrale) fu coinvolto nelle lotte che opposero impero e papato per la questione delle investiture e probabilmente per questo il castello fu munito di una torre trapezoidale. Ma a imprimere una svolta al complesso, e al borgo su cui affacciava, fu nel Quattrocento Alfonso de Borgia: salito al pontificato nel 1455 con il nome di Callisto III, fece restaurare la città e ampliare la rocca con la «torre rotonda» che compare, per la prima volta, in un inventario del 1477.

Portale di ingresso della rocca.
La rocca rinascimentale
Le modifiche più rilevanti furono apportate, però, tra il 1479 e il 1483, quando il cardinale Rodrigo Borgia, divenuto proprietario di Nepi (appannaggio confermato nel 1484 da una bolla di Innocenzo VIII) volle ristrutturare il maniero. I lavori furono affidati a un «maestro Antonio fiorentino» da identificare molto probabilmente con il grande architetto Antonio da Sangallo il Vecchio, cui si deve l’elaborazione delle «fortificazioni alla moderna» in grado di far fronte al fuoco delle nuove, potenti artiglierie. Alla cinta muraria rettangolare, munita di quattro bastioni circolari in difesa del nucleo originale della rocca, il cardinale fece in seguito aggiungere una parte residenziale. Divenuto papa nel 1492 con il nome di Alessandro VI, Rodrigo fece dono del complesso al cardinale Ascanio Maria Sforza, che lo aveva sostenuto in maniera determinante nell’ascesa al pontificato. L’amicizia tra i due tramontò, ben presto, quando nel 1494 Carlo VIII, re di Francia, invase l’Italia alla conquista del Regno di Napoli. Ascanio, che era fratello del duca di Milano Ludovico il Moro e sostenitore dei francesi, entrò in contrasto con il papa; dopo che il re di Francia, stipulato un accordo con Alessandro VI, attraversò Roma con il suo esercito diretto a Napoli, il pontefice tolse allo Sforza Nepi, la elevò al rango di ducato e la donò, il 9 ottobre 1499, alla figlia Lucrezia.

La rocca di Nepi.
Tra Borgia e Farnese
La giovane e bellissima duchessa vi si trasferì momentaneamente alla fine di agosto dell’anno successivo insieme al figlioletto Rodrigo per trascorrervi il periodo di lutto a seguito della morte del consorte Alfonso d’Aragona, che era stato assassinato il 18 agosto 1500 su probabile mandato del cognato Cesare in quanto sospettato di aver fatto parte di un complotto ordito contro i Borgia. Pochi mesi dopo, Lucrezia rientrò a Roma per ripartire l’anno seguente per Ferrara, dove l’attendeva il nuovo sposo, il duca Alfonso d’Este. La signoria di Nepi passò quindi, nel 1501, a Giovanni, figlio illegittimo di Alessandro VI, sotto la tutela del cardinale e cugino Francesco. La morte del papa nel 1503 segnò la fine della presenza dei Borgia nel borgo e nel castello, che venne riassegnato dal nuovo pontefice Giulio II ad Ascanio Sforza. La rocca di Nepi subì ulteriori ampliamenti, iniziati nel 1513 per ordine del cardinale e proseguiti dal successivo proprietario, il poeta Bernardo Accolti detto «l’Unico Aretino», che nel 1520 comprò Nepi per cinquemila ducati. L’Accolti ne rimase proprietario fino al 1534, quando gli fu tolta da papa Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, che la diede, insieme al neonato ducato di Castro, al figlio Pier Luigi.

Le mura della rocca.
Rivoluzione farnesiana
L’arrivo del Farnese fu foriero di grandi cambiamenti per la cittadina. I lavori urbanistici, affidati per la maggior parte ad Antonio da Sangallo il Giovane, videro la creazione e l’allargamento di vie e piazze e la costruzione di nuovi edifici tra cui il Palazzo comunale, ma soprattutto la progettazione dell’imponente cinta muraria che cinge la città, fiancheggiata da due imponenti bastioni poligonali. All’ambizioso Pier Luigi, che puntava a dominare territori molto più «visibili » del piccolo ducato laziale, Nepi però andava stretta. Fu accontentato ricevendo, nel 1545, l’investitura del ducato di Parma e Piacenza, con la conseguenza che il borgo e la sua rocca passarono alla Camera Apostolica. Il susseguirsi di privati che la ricevettero in enfiteusi decretò la progressiva decadenza della rocca di Nepi, culminata con l’incendio della città nel 1798 da parte delle truppe francesi. Il periodo di abbandono terminò solo nel 1962, quando il complesso fu donato al Comune di Nepi dagli allora proprietari, la famiglia Sili. E sottoposto a un lungo restauro, il monumento è oggi di nuovo fruibile al pubblico.
La visita
La rocca di Nepi è visitabile di norma nei fine settimana. Il percorso conduce attraverso i tre piani progettati dal Sangallo: quello di rappresentanza, con una grande sala e i locali di servizio, al piano terra, la residenza dei castellani al primo, gli alloggi degli ospiti all’ultimo. Imperdibile la salita alla torre, da cui si gode la vista sull’Agro Falisco.

L’acquedotto di Nepi.
Il borgo
Il borgo di Nepi offre anche molte altre attrattive, a cominciare dall’acquedotto inaugurato nel 1727 e realizzato dall’architetto Filippo Barigioni. L’opera, articolata in 36 arcate, disposte su due piani per una lunghezza complessiva di 285 metri, colpisce con il suo profilo inconfondibile i visitatori che si accingono a entrare in città. Da consigliare è una visita al Museo Civico. Al suo interno, i reperti archeologici ripercorrono la lunga e affascinante storia di Nepi e dell’Agro Falisco dalla preistoria al Rinascimento. Da segnalare sono i corredi funebri provenienti dalle necropoli falisce e le copiose testimonianze romane, tra cui due are votive dedicate a Diana e a Cerere e la splendida testa in marmo di Augusto, trafugata negli anni Settanta dalla statua esposta nella facciata del Palazzo comunale e restituita nel 2016 dal Musée d’Art et d’Histoire de Bruxelles, che aveva acquisito il reperto inconsapevole del furto. Nel museo si possono anche ammirare le lucerne recuperate nella vicina catacomba di Santa Savinilla, preziosa testimonianza della diffusione del cristianesimo nella zona a partire dal IV secolo.
Lascia un commento