Bandiera blu dal 1990, Moneglia è la dimostrazione che anche in Liguria esistono oasi riparate e lontane dal turismo di massa.
Di Andrea Carpi.
Protetta da una costa alta e frastagliata ai lati della baia e dai monti che salgono subito alle spalle del centro abitato, tra pinete e vegetazione mediterranea, Moneglia è un posto ideale per chi cerca relax e tranquillità, senza annoiarsi mai: oltre alla bella spiaggia, tante cale e calette offrono scenari sempre nuovi, mentre l’entroterra è percorsa da una fitta rete di sentieri percorribili a piedi o in mountain bike. Che si scenda dal Bracco o si affrontino le strette gallerie della ex ferrovia sulla costa, anche arrivare in auto a Moneglia ha già il sapore della vacanza e dell’avventura.
Due castelli e due chiese
Due castelli in alto, due campanili in basso, due quartieri separati da un torrente: fino all’età moderna il borgo è stato nettamente diviso, quasi due comunità distinte, ognuna con una chiesa e un cimitero. La visita comincia da ponente, dalla chiesa di san Giorgio, al di sopra della quale si può vedere la residenza De Fornari in stile Coppedé che all’inizio del Novecento fu costruita sull’antica fortezza di Monleone (eretta dai genovesi nel 1173). San Giorgio, fondata dai monaci benedettini nel XIV secolo, conserva il chiostro francescano del secolo successivo, due polittici gotici di grande valore, anch’essi quattrocenteschi – opera di Giovanni da Pisa e di Giovanni Barbagelata – e una magnifica tela ritenuta opera giovanile di Luca Cambiaso. Da qui si imbocca via Roma e quindi via Vittorio Emanuele: siamo nel caruggio centrale del borgo di Moneglia, anche se qui – purtroppo – non mancano qui e là brutti edifici del secondo dopoguerra a sporcare il reticolato storico. Verso il fondo si arriva alla casa natale di Luca Cambiaso (una targa celebra l’illustre monegliese) e subito dopo alla chiesa di Santa Croce, costruita nel Settecento su una pieve del XII secolo. Prima di entrare, non si può non ammirare il meraviglioso risseu (la decorazione del sagrato con ciotoli di mare) ottocentesco, mentre su un lato della chiesa si trovano il rilievo marmoreo del 1290 che ricorda la partecipazione dei monegliesi alla battaglia della Meloria del 1284, in cui i genovesi distrussero la flotta pisana, e due maglie della catena strappate al porto di Pisa. All’interno della chiesa, dominata dal crocefisso bizantino che, secondo la tradizione popolare, arrivò miracolosamente dal mare, si trovano due belle Madonne del Maragliano. Sullo stesso piazzale si trovano la casa in cui abitò e morì Felice Romani, poeta melodrammatico e librettista per Rossini, Bellini, Donizetti, e l’edificio più antico di Moneglia, l’oratorio dei Disciplinanti. Fondato presumibilmente intorno al X secolo, l’oratorio è internamente decorato con quattro strati di affreschi, recentemente restaurati, che vanno dal Duecento al Settecento. Gli affreschi della parte bassa delle pareti sono secenteschi, quelli delle lunette appartengono al secolo successivo. Usciti dal paese di vede, in alto, il castello di Villafranca: costruita anch’essa dai genovesi nel XII secolo, più volte rimaneggiata e danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, ospita oggi il Centro studi Felice Romani.
Dal passo alla spiaggia
La grande spiaggia sabbiosa di Moneglia, separata dall’abitato dalle arcate della ex ferrovia, è l’ideale per le famiglie e i bambini. Il breve promontorio roccioso di sant’Elmo la separa dalla spiaggia della Secca, posta ai piedi di una collina alberata dai lecci. Intorno, scogliere protese nel mare e profumate dalla macchia mediterranea sono amate dai pescatori e da chi vuole scoprire il mondo sott’acqua. Tra Punta Rospo, a levante e Punta Moneglia, a ponente, e oltre sino a Punta Manara, tra le pareti rocciose che scendono rapide verso il mare si celano calette nascoste: l’Orto dei Preti, la Valletta, La Ruspea. Chi ha voglia di camminare – magari per cercare un po’ di fresco o un punto di vista nuovo sulla baia – non ha che l’imbarazzo della scelta. Numerosi sentieri salgono verso le frazioni: Lemeglio, a 200 metri di altezza ma a ridosso del mare, è un antico borgo raccolto su cui svetta il campanile della bella chiesa di Santa Maria Assunta, con la tipica decorazione a strisce bianche e nere e un dipinto di Domenico Piola all’interno. Risalendo la valle del torrente Bisagno si tocca San Saturnino e si raggiunge Bracco, lungo la via Aurelia. Il passo – amato dai motociclisti per la strada tutta curve con vista sul mare sottostante – è un luogo di transito importante da sempre: a circa 600 metri s.l.m. il valico è stato molto battuto fin dai tempi dei romani e, prima dell’autostrada, era considerato il punto più insidioso nel tratto Genova-Roma. Chi preferisce rimanere più vicino al mare, tra macchia mediterranea, fasce coltivate, cespugli di mirto e corbezzoli, può puntare verso la torre di Punta Baffe e il monte Moneglia. Gli amanti di emozioni più forti possono praticare il climbing sulle bancate di arenaria quasi verticali di punta Moneglia, oppure è possibile scendere dalle vette dell’entroterra appesi alle vele dei parapendii o praticare il surfing sui frangenti della «Secca».
La strada delle gallerie
Il centro di Moneglia è attraversato dalla strada «delle Gallerie», che permette il collegamento stradale del paese a ovest con Sestri Levante passando per Riva Trigoso, e a est con Deiva Marina in provincia della Spezia. Si tratta di una strada molto particolare, ricavata sul tracciato della ferrovia inaugurato nel 1874 e poi abbandonato negli anni Trenta con il raddoppio della linea e lo spostamento a monte. La linea è la stessa che – tra Framura e Levanto – è diventata pista ciclabile: in questo caso si è scelto di attrezzarla per il passaggio delle auto. Il tratto più lungo e più suggestivo è quello che collega Moneglia a Riva Trigoso: le gallerie sono lunghe e strette, ma tra una e l’altra si aprono scorci meravigliosi e luoghi dove la natura è rimasta selvaggia (fermatevi dopo la terza galleria venendo da Riva Trigoso e gustatevi la piccola spiaggia sotto la strada, i monti brulli, il vento e la salsedine che vi rimane appiccicata in faccia). Data la larghezza ridotta, le gallerie sono a senso unico alternato e l’accesso è regolato da semafori a tempo, poiché la larghezza assai ridotta dei tunnel non consente il passaggio di due auto in ambo i sensi contemporaneamente. Per la stessa ragione, il transito nelle gallerie è vietato alle biciclette, ai pedoni e ai caravan.
Il giallo di oggi, il rosa di ieri
L’estate culturale di Moneglia è sempre molto ricca: concerti, mostre, eventi di vario genere animano le serate nei mesi più caldi. Ma Moneglia sta diventando la città ligure del mistero: ha ormai superato la soglia dei primi dieci anni di vita il festival «Doppio Giallo», che ogni anno nella prima metà di luglio mette in piazza delitti e misteri in tutte le forme possibili. L’associazione culturale Clizia e il Comune di Moneglia, organizzatori dell’evento, ospitano ogni anno relatori, scrittori e giornalisti di altissimo livello che si succedono sui palchi nelle diverse location dell’evento. Il paese si colora di cartelloni sul tema del giallo e di bancarelle di libri, in un coinvolgimento totale fatto anche di incontri «ravvicinati» con gli ospiti nei bar, alla spiaggia e nei negozi. La manifestazione prevede, in parallelo a una serie di appuntamenti pomeridiani dedicati alla presentazione di libri, un numero circoscritto di eventi serali di interesse più vasto ed eterogeneo, con l’intento di estendere la portata del discorso sul genere giallo ad ambiti diversi della cultura. Ma il legame di Moneglia con i libri nasce molto prima, e in tutt’altro genere. La protagonista di questa storia si chiamava Amelia Liana Negretti, nata in provincia di Como nel 1902, sposa di un marchese di parecchi anni più anziano di lei, con il quale trascorreva le vacanze a Moneglia. Dopo aver conosciuto e amato Vittorio Centurione Scotto, genovese nobile aviatore ardito e famoso, morto in un incidente di idrovolante nel 1926, decise di darsi alla scrittura: con lo pseudonimo di Liala e la benedizione di D’Annunzio uscì nel 1931 il romanzo Signorsì, il cui protagonista è facilmente identificabile in Vittorio Centurione, a cui seguirono Casa delle lodole, dove compaiono D’Annunzio stesso e Italo Balbo, e molti altri romanzi rosa di successo. Liala ambientò a Moneglia alcuni romanzi, tra cui Diario vagabondo, e la cittadina ha voluta darle la cittadinanza onoraria dopo la sua scomparsa nel 1995.
Luca Cambiaso
Il 18 ottobre del 1527 nasce a Moneglia (dove la famiglia si era rifugiata per fuggire alle truppe borboniche accampate in val Polcevera) Luca Cambiaso, figlio del pittore Giovanni: è considerato uno dei più grandi artisti liguri di tutti i tempi e – di recente – è stato rivalutato dalla critica e inserito tra i grandi maestri del Cinquecento italiano. Conobbe il manierismo e i più importanti artisti del tempo e fu l’artefice della più feconda stagione artistica genovese, che si aprì proprio con lui. Parte studiando i pittori locali, come Perin del Vaga, poi conosce Michelangelo, al cui gigantismo si ispirerà nella fase giovanile della sua carriera. Passando attraverso autori come Correggio e Parmigianino, Luca Cambiaso costruisce nella maturità la propria cifra stilistica, basata sull’intensità (e non a caso viene collegato a Caravaggio): i suoi malinconici notturni rischiarati dalle luci delle candele sono uno dei risultati in assoluto più originali dell’arte del Cinquecento e precorrono alcuni grandi artisti europei del secolo successivo come Georges de La Tour e Hendrick Ter Brugghen. Per la sua fama, Filippo II nel 1583 lo chiamò per decorare la volta della chiesa del monastero dell’Escorial di Madrid. Qui morì due anni dopo senza riuscire a terminare la sua opera.
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