Walser: nella mentalità comune un popolo contadino che ha vissuto nel rispetto dei ritmi della natura e delle stagioni, coltivando prodotti della terra e commerciando, con i montanari delle comunità a loro vicine, in bestiame, pelli e prodotti caseari.
Di Gian Vittorio Avondo e Pino Moretti.
Walser è sinonimo di enigma: da dove arriva questa popolazione così singolare, con lingue e tradizioni uniche e fortemente caratterizzanti? «Ma perché mai gli abitanti delle estremità delle tre Valli, nelle quali si suddivide la Valsesia, vestono le loro donne di una maniera tutta loro particolare, e parlano un linguaggio, che non è né italiano, né francese, né tedesco, col quale però s’avvicina? Perché l’hanno mai sempre serbato incorrotto dopo tanti secoli, benché vivano continuamente in mezzo ad Italiani? Perché sono così gelosi di trasmetterlo ai loro figliuoli, quantunque inutile fuori delle loro Comuni?»
È questo l’incipit del cap. V, riservato al popolamento della valle, dell’accurato studio storico-statistico sulla val Sesia scritto giusto alla metà del Diciannovesimo secolo dall’abate alagnese Nicolao Sottile. In esso curiosamente non si fa alcuna menzione del termine Walser, che oggi noi usiamo per definire le popolazioni che abitano i settori più elevati delle tre valli che compongono l’alto bacino del Sesia (Grande, Sermenza e Mastallone e anche Strona, dove è walser Campello Monti), oltre qualche alto settore dell’Ossola (alcune località site nelle valli Anzasca e Formazza, ma anche Ornavasso, posto alla base di queste, quasi in pianura), e dei bacini aostani di Gressoney e d’Ayas.

Costruzione di un edificio walser a Pedemonte d’Alagna (Archivio G.V. Avondo).
Ciò perché, ai tempi dell’abate Sottile, questo termine che altro non è che una contrazione dell’aggettivo walliser (originario del Canton Vallese, Wallis in tedesco), ancora non era conosciuto. Furono infatti alcuni notabili alagnesi, tra cui i sacerdoti Giuseppe Farinetti (1821- 1896, teologo) e Antonio Carestia (1825-1908, botanico), il presbitero Giovanni Gnifetti (1801-1867, alpinista che diede il nome alla terza cima in ordine d’altezza del Monte Rosa), e il medico Giovanni Giordani (1822- 1890), da cui trae il nome la cima meno elevata dello stesso massiccio, a effettuare i primi studi antropologici su queste popolazioni alla fine dell’Ottocento. Fu in particolare Giordani, in uno studio pubblicato alcuni anni dopo la sua morte2, a distinguere il dialetto parlato in alta val Sesia dal tedesco, definendolo una parlata da esso derivante, e fu ancora lui a inquadrarne la provenienza, basandosi su studi realizzati in precedenza addirittura dal primo salitore del Monte Bianco: lo svizzero Horace Benedict De Saussure:
Fu in sul finire del secolo scorso (1789) che quell’attento e profondo osservatore che era Orazio Benedetto di Saussure, visitando queste colonie tedesche, che esso chiamava guardia tedesca attorno al Monte Rosa, dall’esame dei dialetti, degli usi e costumi, dei modi di costruzione in legno delle case, espresse la sua convinzione che esse provenissero dall’Alto Vallese. Tutti gli scrittori che in seguito studiarono accuratamente tale questione, vennero a confermare la sentenza di Saussure. Tra questi scrittori, il Prof. Albert Schott (1839) fu il primo a fare profonde ricerche scientifiche intorno ai dialetti di queste diramazioni più meridionali della lingua germanica, ed a constatarne definitivamente la provenienza dai tedeschi dell’Alto Vallese. Colla sua opera, Die deutschen Kolonien in Piemont, ecc., 1840, esso diede un potente impulso a questi studi, che condussero alla scoperta e pubblicazione di importanti documenti, i quali gettarono molta luce sopra questo argomento, confermando sempre più l’opinione di Saussure. (Giordani, G., La colonia tedesca di Alagna Valsesia e il suo dialetto, Ed. Candeletti, Torino 1891)
Studi eseguiti in seguito hanno stabilito che queste popolazioni hanno raggiunto le valli piemontesi e aostane sin dalla fine del XII secolo, quando attraverso i passi alpini si spostarono dal Canton Vallese e in particolare, almeno all’inizio, dal distretto di Goms. Varcando i passi del Gries, di Monte Moro e del Sempione, allora assai agevoli perché si era nel momento di forte regressione glaciale che precedette la piccola era glaciale (PEG) registratasi a partire dai primi decenni del Trecento.

Il battesimo nella tradizione di Fobello (Archivio G.V. Avondo).
La migrazione si protrasse fino alla metà del XIV secolo e interessò, come punti di arrivo, villaggi della regione alpina afferente alle valli comprese tra i massicci delle Graie, delle Pennine e delle Lepontine. Dai primi villaggi fondati nei settori più elevati delle valli appena raggiunte, i Walser si mossero per costruirne altri più in basso, in modo da evitare fenomeni di sovrappopolamento.
Non essendo portatori di eresie pauperistiche, in quei tempi piuttosto diffuse tra quelle montagne, furono subito ben tollerati sia dalla Chiesa sia dalle piccole signorie feudali, che anzi videro in questa gente la possibilità di ampliare la platea per la riscossione di imposte e balzelli. Questo fenomeno migratorio, pur essendo stato studiato, non è ancora chiaro in tutti i suoi termini e, pur avendone percezione, gli storici che ne scrissero negli anni che precedono il Novecento usarono toni non sempre corrispondenti al vero.

Macugnaga: matrimonio walser nel 1900.
I Walser sono stati a lungo, e in parte sono tutt’oggi, un popolo contadino che ha vissuto nel rispetto dei ritmi della natura e delle stagioni, coltivando prodotti della terra e commerciando, con i montanari delle comunità a loro vicine, in bestiame, pelli e prodotti caseari. L’isolamento in cui questo popolo rimase per secoli e l’atteggiamento non sempre disponibile delle popolazioni locali, appartenenti a un’etnia diversa, lo spinsero verso un’autonomia sempre più radicale, che ne determinò le scelte in ambito culturale, architettonico, etnografico e nella gastronomia.
Tra le tradizioni walser più sentite spiccano in particolare due eventi, uno di antica, l’altro di più recente istituzione: la festa del Rosario Fiorito, storica processione che si svolge ogni anno la prima domenica d’ottobre, e la Walsertreffen, la festa delle Genti walser, a cadenza triennale.
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