La chiesa di San Fiorenzo, edificio cimiteriale di Bastia Mondovì, con i suoi 346 metri quadrati di affreschi la cappella di San Fiorenzo rappresenta la più ampia superficie pittorica dipinta di tutto il Piemonte.
di Ilario Manfredini.
La chiesa di San Fiorenzo si presenta oggi nelle sue sembianze architettoniche e decorative quattrocentesche, con facciata, navata e presbiterio liberi dagli inserimenti barocchi che ne compromettevano la sua linearità. Prima dell’attuale edificio ne doveva esistere uno più piccolo eretto dai fedeli per onorare le spoglie del martire Fiorenzo. Le pitture che affiorano in alcuni punti dell’area presbiteriale e nell’ultimo pannello della parete sinistra fanno pensare a interventi pittorici ben più datati di quelli tardo quattrocenteschi, forse un precedente ciclo di epoca tardo romanica. Il portale d’ingresso e il rosone rimandano alle linee gotiche che si stavano in parte diffondendo nel territorio cuneese, mentre la decorazione interna può essere considerata una delle più importanti di tutto il territorio alpino. Nell’ultimo pannello relativo alla Vita di sant’Antonio abate compare la data del 24 giugno 1472, considerata dalla critica come il termine dei lavori commissionati da Bonifacio Della Torre, il cui nome compare nella medesima iscrizione.
La visita
Partendo dal presbiterio della chiesa di San Fiorenzo, le pitture si presentano, pur nelle iconografie assai differenti tra loro, con uno stile omogeneo, tutte riconducibili a quel filone del realismo gotico molto diffuso in ambito alpino. Le vele della volta conservano gli Evangelisti assisi su eleganti troni gotici, con la particolarità di San Giovanni raffigurato come un vecchio canuto, richiamandosi al fatto che egli scrisse il Vangelo in tarda età. Nella vela sopra l’altare è presente il Cristo benedicente, mentre al centro della volta si staglia un rosone a spicchi rosso diffuso in altre chiese dell’area monregalese. Nell’ordine superiore della parete di fondo possiamo ammirare la Crocefissione, mentre in quello inferiore, diviso in tre scomparti, si possono notare il Martirio di san Sebastiano, la Madonna in trono con bambino tra san Fiorenzo e san Martino, San Michele Arcangelo e San Bartolomeo. Nell’arco trionfale che immette nella navata è raffigurata l’Annunciazione, mentre nei pilastri troviamo San Francesco e San Domenico, ripetendo così quell’accoppiata di dei due ordini assai diffuso nelle chiese del territorio. Nella parete destra della navata vengono raffigurate tre iconografie differenti: Storie della vita e del martirio di san Fiorenzo, Storie della vita di sant’Antonio abate e al centro la Gerusalemme celeste e l’Inferno. Nei primi affreschi San Fiorenzo è raffigurato come un soldato della legione tebea, con i suoi abiti e quelli dei personaggi che rimandano allo stile tipico del gotico cortese. Il martirio del santo, assai simile a quello di San Sebastiano, rimanda alle incursioni saracene del X secolo, inserendo così il culto di Fiorenzo in un preciso contesto storico- culturale. Nella parte centrale della parete di destra sono affrescate la Gerusalemme celeste e l’Incoronazione della Vergine con al di sotto le Opere di misericordia contrapposte alla Cavalcata dei vizi e all’Inferno. Questa iconografia rappresenta uno dei modelli più completi e suggestivi sviluppatisi tra il Piemonte meridionale e la Liguria, con numerosi particolari ben rappresentati dal pittore, primi fra tutti la schiera di Angeli musicanti che attorniano la Vergine, a testimoniare una sorta di piccolo catalogo di strumenti musicali medievali: trombe, tamburello, ribeca, liuto, arpa, ghironda, cimbalo, organo portativo e salterio.
L’Inferno
La raffigurazione dell’Inferno della chiesa di San Fiorenzo presenta al centro la gigantesca figura di Satana nell’atto di sbranare e maciullare i corpi dei dannati, mentre schiere di diavoli si accaniscono contro i peccatori infliggendoli varie torture adeguate ai lori vizi. Le immagini e le iconografie si rifanno ai modelli gotici nordici e francesi oltre alle rappresentazioni dell’Inferno nel Camposanto di Pisa realizzate nel 1330 da Buonamico Buffalmacco. Queste immagini si ripetono con buona frequenza nel ponente ligure e nel territorio monregalese, con particolari somiglianze con l’Inferno realizzato nei medesimi anni nella cappella della Madonna della Neve a San Michele Mondovì. Sotto la raffigurazione dell’Inferno si snoda la Cavalcata dei vizi, con le figure dei dannati a cavallo di animali che si apprestano a entrare nella bocca del Leviatano sulle note di una musica suonata da un diavoletto recante la scritta O infelices peccatores venite ad choreas Taratantara. Concludono la parete destra le pitture riguardanti le Storie di sant’Antonio abate, ripartite in dodici scene narranti la vita eremitica del santo taumaturgo. Sulla facciata del portale d’ingresso sono raffigurate sette Scene dell’infanzia di Cristo tratte soprattutto dai vangeli apocrifi, come per esempio il Miracolo del grano e il Miracolo della palma entrambe legate all’episodio della fuga in Egitto. Ai lati del portone sono ritratte una Dama con abiti sontuosi, forse la consorte del donatore, e San Lazzaro, ritratto nelle vesti di mendicante, a significare il contrasto tra ricchezza e povertà. La parete di sinistra è tutta occupata dalle scene della Passione di Cristo, suddivise in ventidue scomparti su due registri sovrapposti in cui l’anonimo artista sembra confrontarsi con i modelli del realismo gotico introdotti in Piemonte da Giacomo Jaquerio nella Salita al Calvario di Ranverso, anticipando di alcuni anni i cicli della Passione realizzati da Giovanni Canavesio a Pigna nel 1482 e a Briga nel 1492.
Chi è il pittore?
Per quanto riguarda il nome dell’artista o della bottega attiva nella chiesa di San Fiorenzo bisogna guardare ai numerosi protagonisti della scena pittorica monregalese attivi a partire dalla metà del XV secolo, tra i quali meritano di essere segnalati Frater Henricus, attivo nel 1459 nella cappella di San Bernardo a Piozzo, e Giovanni Mazzucco, attivo negli ultimi decenni del Quattrocento a Piozzo, a Morozzo e a Castelletto Stura. Al cantiere di San Fiorenzo possiamo avvicinare anche la mano di Matteo e Tommaso Biazaci e quella di Giovanni Baleison, attivi negli stessi anni del Mazzucco nel Saluzzese e in molte cappelle dei due versanti alpini. Nel corso degli ultimi anni la critica sembra concorde nell’attribuire a Giovanni Mazzucco le Scene dell’infanzia di Cristo, assai vicine alle medesime realizzate nel 1491 nel santuario del Brichetto a Morozzo.
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