Il castello di Lerici sorge sulla balza che chiude verso sud la baia sulla quale si affaccia il delizioso abitato di Lerici. Guardandola sembra di vedere un imponente vascello pronto a salpare e a solcare i mari.
Di Simone Caldano
Il castello di Lerici, certo, ma un po’ di storia, prima di tutto. Genova acquistò Lerici dai signori di Arcola e di Vezzano nel 1152 e nel 1174 distrusse il castello che vi era stato in precedenza innalzato dai Malaspina, ma non ne costruì uno nuovo: all’epoca il luogo non era considerato di grande importanza strategica, tant’è vero che negli stessi anni era in corso la fortificazione del borgo di Porto Venere.
Il trionfo della Superba su Pisa, la sua eterna nemica
In seguito, però, il peso della breve distanza da Pisa, nemica giurata della Superba, si fece sentire: tra il 1195 e il 1217 i rappresentanti delle due città s’incontrarono a Lerici per ben cinque volte per definire le rispettive spettanze. Nel 1241 i pisani trionfarono contro i genovesi nella battaglia dell’isola del Giglio, dopodiché si spinsero fino a Lerici e iniziarono a dotare il villaggio di nuove fortificazioni.
Genova non aveva alcuna intenzione di fare i conti con un avamposto della sua eterna nemica in una posizione così delicata, perciò – come sappiamo dagli Annali genovesi di Bartolomeo Scriba e dall’iscrizione sull’architrave del portale di Sant’Anastasia, la cappella del castello – nel 1256 assediò il castello e stravinse sui pisani. È a questo punto che iniziò la costruzione e prende forma il castello di Lerici che ora vediamo.
A partire dal 1273 la Superba promosse anche la riedificazione del borgo. Nel 1340 e nel 1354 ebbero luogo alcuni interventi sul castello, che probabilmente si svolsero negli ambienti interni. La vicenda del luogo fu molto tormentata nel XV secolo: tra il 1426 e il 1437 il castello di Lerici e il borgo – con Porto Venere – finirono nelle mani degli Aragonesi, tra il 1469 e il 1479 sotto gli Sforza, ma in seguito tornò definitivamente sotto la Superba.
L’età moderna
A partire dal 1555 s’intervenne sulla cinta muraria esterna, che finì per protendersi verso il mare e fu sopraelevata. L’imponente torre pentagonale che dà verso il paese e la cortina adiacente risalgono alla fase del XIII secolo: si vedano le splendide murature in opera quadrata e i coronamenti a triplice – nella cinta muraria – e quadruplice – nella torre – frangia di archetti pensili, che ci indicano l’altezza originaria delle mura: l’innalzamento al di sopra delle cornici è dovuto all’intervento cinquecentesco.
Dentro il castello di Lerici
Saliamo la scalinata che conduce all’ingresso ed entriamo dal lato posteriore, passando attraverso un atrio che affaccia sul cortile interno. L’ambiente principale è a forma di trapezio irregolare e comunica con sei vani rettangolari, che affacciano verso l’esterno per mezzo di feritoie strette e profonde. In due di questi si sviluppa la cappella del castello, intitolata a Sant’Anastasia, e un terzo coincide con il suo atrio.
Questi vani si dispongono a ovest della torre pentagonale, che ne ingloba una più piccola della stessa forma, che probabilmente dev’essere attribuita all’intervento pisano del 1241, insieme ad altre strutture murarie. La torre pentagonale con gli angoli ottusi rivolti verso terra ha un precedente nel Castel d’Appio di Ventimiglia e trova riscontri in fortificazioni di grande prestigio: Prato, Augusta, Melfi nella fase degli Angiò.
La cappella di Sant’Anastasia
A distanza assai minore, torri molto simili si trovano nei villaggi di Arcola e di Vezzano. Soffermiamoci sulla cappella di Sant’Anastasia. Sia le due campate rettangolari sia l’atrio hanno una copertura a volte a crociera montate su robusti costoloni a spigolo vivo.
Vi si accede da un portale con strombatura poco profonda, individuata da colonnine con capitelli à crochets. Due mensole, a loro volta connotate da motivi vegetali, sorreggono l’architrave sul quale si dispiega un’iscrizione che illustra le circostanze in cui, nel 1256, Genova sottrasse Lerici a Pisa e intraprese la costruzione del castello.
Questo elemento architettonico si trova alla base di una lunetta a sesto acuto, entro la quale si apre una monofora cruciforme passante, circondata da due clipei concentrici. Tutte le parti del complesso riconducibili all’intervento duecentesco sono l’ennesima prova significativa – qualora ce ne fosse stato bisogno – della grande perizia dei magistri antelami: ecco la muratura in opera quadrata; il trattamento non molto elaborato dei dettagli scolpiti.
Al culmine della torre le frange di archetti ricavati in un solo concio, con bordo superiore orizzontale, che una volta di più alternano il marmo bianco e il marmo verde scuro, così come il settore sottostante della muratura e alcuni elementi architettonici della cappella, quali la ghiera del portale e i costoloni delle volte; la capacità di adottare efficaci variazioni sul tema, come vediamo nelle cornici della cortina muraria, che si compongono di archetti pensili in laterizio.
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