Piazza Solferino prende il nome dalla battaglia del 24 giugno 1859, che si svolse a Solferino, in provincia di Mantova, in cui le truppe franco-piemontesi videro la vittoria contro gli austriaci durante la seconda guerra d’Indipendenza.
di Daniela Schembri Volpe
Nel primo Ottocento Piazza Solferino non esisteva, vi si svolgeva il mercato del legno, paglia e fieno, ed era chiamata piazza del Bosco, compresa tra gli spalti della Cittadella, smantellati nel 1852, e gli isolati occidentali dell’ampliamento seicentesco. Sul piazzale si affacciavano edifici tra loro eterogenei, tettoie, case basse, orti e giardini privati. Dopo la presentazione di alcuni progetti per il rifacimento della piazza, nel 1853 fu incaricato della riqualificazione l’architetto Carlo Promis.

Piazza Solferino. In questa cartolina la fontana Angelica non era ancora stata costruita.
Il teatro Alfieri
Oggi eleganti architetture ottocentesche si affacciano sulla piazza che ospita il teatro Alfieri, costruito nel 1855 a opera di Lorenzo e Barnaba Panizza. All’inizio il teatro era stato pensato come circo equestre stabile, poi, dopo una serie di incendi, venne ricostruito sempre come un’arena con tre ordini di palchi. Nel 1928 l’architetto Eugenio Mollino riprogettò l’arena come un vero e proprio teatro, che però andò distrutto in seguito a un’incursione aerea nel 1942, eccetto la facciata. Chi si reca a teatro entra in una struttura ripensata nel 1949, con una sola galleria sovrapposta a una platea. Al teatro seguì l’edificazione dei monumentali palazzi della piazza, tra questi: palazzo Panizza (1855), i palazzi Fiorina e Ceriana dell’architetto Ceppi (1860-70), la sede della Generale Mutua del 1907 di Pietro Fenoglio (ma non si direbbe), il palazzo della Società Anonima Edile (architetto Momo, 1928-31). E anche qui una disarmonica «torre Solferino» pare voler emulare la torre Littoria, all’angolo con via Pietro Micca (Gualtiero Casalegno, 1950), una torre dall’architettura priva di attrattive, messa a tappare il buco di una casa bombardata la cui immagine è riprodotta nell’atrio dell’edificio. La costruzione sviluppa un porticato coperto dedicato a Enzo Tortora, nobile pensiero, ma di solito la dedica dovrebbe essere legata al bello. Sul lato est della piazza, con ingresso da via Alfieri, 19, in stile liberty, vi è un palazzo che si vocifera ospitasse nell’Ottocento esponenti della massoneria, come si evince anche dai simboli sul portone principale. Di Alfonso Balzico è il monumento al duca di Genova, Ferdinando di Savoia, fratello minore di Vittorio Emanuele II, morto a soli trentatré anni dopo una lunga agonia e amatissimo dai torinesi, ritratto insieme al suo cavallo morente per una fucilata. Ferdinando di Savoia si distinse durante la prima guerra d’Indipendenza, conducendo l’assedio di Peschiera. Il 16 giugno 2013 è stato ricollocato nella piazza il monumento al patriota Giuseppe La Farina, restaurato dopo essere stato rimosso nel 2003.

La fontana Angelica.
La fontana Angelica
In piazza Solferino si erge misterioso uno dei capisaldi della Torino esoterica: la fontana Angelica. Per «leggere» la fontana occorre ricollegarsi alla Torino magica. Nella storia di Torino accadde che il ministro plenipotenziario del re Paolo Bajnotti (1842-1919) dispose in un legato testamentario che, alla sua morte, 150.000 lire dovevano essere destinate alla realizzazione di una fontana in ricordo dei suoi genitori Angelica Cugiani e Tommaso Bajnotti. Ora, proviamo a immaginare piazza Solferino senza la fontana Angelica e che cosa potrebbe sorgere al suo posto. Perché facciamo questo gioco? Perché la fontana in origine doveva essere realizzata in stile neogotico e, sempre secondo la volontà di Bajnotti, collocata in piazza San Giovanni di fronte al Duomo, verso oriente, dove sorge il sole. Non è comprensibile perché la commissione incaricata decise di non tenere conto né delle indicazioni sullo stile né del luogo di collocazione; Giovanni Riva disegnò i bozzetti vincitori del concorso nazionale, nel 1921 gli venne conferito l’incarico esecutivo, ma la fontana venne terminata diversi anni dopo e inaugurata in epoca fascista dai vicepodestà Gianolio e Silvestri, nel 1930. Tanto che nel frattempo la statuaria internazionale di riferimento era già mutata facendo apparire la fontana Angelica un po’ fuori moda. La particolarità, che vede la fontana inserita tra i misteri di Torino e di conseguenza meta di curiosi, è data da significati simbolici che emergono dalla raffigurazione delle stagioni interpretata da quattro statue: due donne rappresentano la primavera e l’estate, due uomini l’autunno e l’inverno, ignari di quanto si chiacchieri su di loro. A una lettura più approfondita, secondo un’interpretazione massonica, la fontana Angelica condurrebbe a ben altro che le bucoliche stagioni: cioè alla trasformazione interiore che l’iniziato deve compiere per raggiungere la vera conoscenza. Le statue maschili rappresenterebbero i giganti Boaz e Yakin, le due colonne erette nel vestibolo del tempio di re Salomone. Boaz simboleggia il primo livello dell’iniziazione che il neofita massone deve raggiungere nel lungo cammino su per i trentatré scalini delle logge massoniche. Yakin rappresenta la conoscenza, la perfezione; Boaz le tenebre, l’ignoranza. La conoscenza, ricorrente sempre nella simbologia esoterica, è paragonata all’acqua che esce dagli otri sorretti dalle statue. Le due statue maschili, tra cui si apre un varco in cui scorre l’acqua, sono a guardia del percorso che porta alla conoscenza. Altri simboli ricorrenti sono: l’ariete, che riporta al vello d’oro; il bimbo ricciuto con i capelli a raggiera, che rappresenta il sole, il Cristo, la perfezione; il pesce, simbolo del Cristianesimo; il melograno e la quercia, antiche espressioni della tradizione massonica; Medusa, la custode dei segreti del labirinto. Numerosi altri simboli sono raffigurati nella fontana, che può essere paragonata a un libro di pietra, bronzo e acqua rivolto a chi ha la capacità di leggerlo.

Hoy es hoy (Oggi è oggi).
La piazza di oggi
L’area verde di piazza Solferino è il giardino dedicato a Pier Giorgio Frassati, beatificato da Giovanni Paolo II nel 1990, tra i più recenti santi sociali torinesi (benché non ancora canonizzato). Con il rifacimento della pavimentazione in cubetti di porfido, una meridiana colorata è stata creata a opera di Lucio Morra. All’angolo con palazzo Ceriana l’opera contemporanea del messicano Javier Marín mostra un volto in bronzo di quattro metri: Hoy es hoy (Oggi è oggi), che rappresenta l’aspetto intellettuale ed emotivo dell’umanità. Una curiosità ghiotta per gli appassionati di calcio: all’angolo con via Botero il bar Norman, noto un tempo come birreria Voigt, è il luogo dove il 3 dicembre venne fondato il Foot-Ball Club Torino; entrando si nota una targa che riporta lo storico momento.
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