La Portoferraio che conosciamo è uno dei prodotti del Rinascimento: città ideale ma fortificata, presidio difensivo e luogo di sperimentazione bellica e tecnologica attraverso i secoli. Una breve storia della città attraverso le sue mura.
Di Diego Vaschetto.
Nell’intento di acquisire la signoria di Piombino, Cosimo I de’ Medici riuscì a ottenere dalla Spagna di Carlo V il controllo dell’Elba e la possibilità di fortificare il porto del Ferrario per difendere l’isola dal flagello barbaresco. I primi lavori campali per le fortificazioni di Portoferraio risalgono al 1547; Cosimo avrebbe voluto battezzare la nuova città fortificata che andava nascendo «Cosmopoli», in proprio onore; prevalse invece il nome di Ferraria, che risaliva ai tempi della ricostruzione, dopo le devastazioni saracene, della romana Fabricia.
Il progetto fu affidato all’architetto Bellucci e poi eseguito da Giovan Battista Camerini: sorsero così la torre di Linguella sull’altura che domina il porto, a pianta ottagonale; il forte Stella, con pianta irregolare a cinque punte; e il forte Falcone a quattro punte.
Nel 1553 Portoferraio respinse vittoriosamente la flotta franco-turca comandata da Dragut, ma non fu possibile evitare che le truppe turche sbarcate devastassero il versante occidentale. Nel 1556 si costruì il «Fronte d’Attacco», un sistema lineare bastionato preceduto da un fossato (ora scomparso), che doveva isolare Cosmopoli e il suo centro urbano dal resto dell’isola, visto che il porto era sbarrabile con una catena. Tutto il complesso, organizzato in funzione militare, costituiva un impianto innovativo per l’epoca e analogo solo alla fortezza di La Valletta a Malta.

L’incredibile sequenza di fronti fortificate dei bastioni medicei avvolti gli uni sugli altri quasi a realizzare una cascata di pietra. Foto da
Con il trattato di Londra del 1557 rimasero sotto il controllo di Cosimo I Siena e la sola Portoferraio, con un territorio di due miglia intorno. La città venne concessa a Cosimo come feudo, in modo che i Medici restassero legati all’imperatore e alla Spagna con un patto di reciproco aiuto. Nello stesso anno l’architetto Gabrio Serbelloni rinforzò il forte Falcone, trasformandolo nel ridotto difensivo a comando del Fronte d’Attacco; nel 1559 la città, ormai ultimata, venne riconosciuta in via ufficiale ai Medici.
Nel 1570 l’architetto Bernardo Buontalenti, subentrato a Camerini dopo la sua morte, progettò il raddoppio del fronte di terra con una serie di nuovi bastioni che inglobano le difese già esistenti. All’inizio del 1600, gli spagnoli, che presidiavano Talamone, Portoercole e Orbetello sulle coste toscane e facevano pesare la loro influenza sul piccolo Stato di Piombino, costruirono forte San Giacomo a Longone (oggi Portoazzurro), istallandovi una guarnigione.
Nel 1700 venne eretto a Portoferraio il forte di San Giovanni (demolito nel 1728), nel 1746 si edificarono le batterie di San Carlo e di San Giuseppe, tra la torre di Linguella e il forte Stella, formando una linea fortificata quasi continua.
La Portoferraio dei Lorena
Morto il granduca Gian Gastone senza eredi nel 1737, la corona passò a Francesco Stefano di Lorena per effetto del trattato di Vienna. Il granducato fu governato da un consiglio di Reggenza fino all’arrivo a Firenze del figlio Pietro Leopoldo nel 1764. Egli attuò in Toscana una serie di riforme che dovevano comprendere anche una nuova Costituzione, che non fu mai varata; furono tuttavia significative l’abolizione della tortura, dell’Inquisizione e della pena di morte. Per Portoferraio iniziò invece un periodo di declino, dovuto alla drastica diminuzione della guarnigione e al trasferimento della Marina a Livorno.

Stretti vicoli scalinati dall’atmosfera idilliaca attraversano tutta la città vecchia. Da
Gli inglesi, Nelson e la resistenza alla Francia
Nel 1759 Porto Longone passò al re delle due Sicilie e Portoferraio corse il rischio di essere venduta agli inglesi da Pietro Leopoldo, che nel 1790 lasciò il governo della Toscana al figlio Ferdinando per assumere il titolo di imperatore d’Austria. Gli echi della Rivoluzione francese giunsero anche all’Elba nel 1794, con l’arrivo a Portoferraio di qualche migliaio di realisti scampati all’assedio repubblicano di Tolone, trasportati da bastimenti inglesi.
A seguito della fortunata campagna d’Italia, Napoleone occupò Livorno; in risposta gli inglesi si istallarono a Portoferraio potenziandone le difese con la realizzazione di nuove batterie sul fronte del mare. La flotta britannica, al comando dell’ammiraglio Nelson, arrivò nel 1796 e stazionò in porto per circa un anno, cioè fino a quando il granduca non riuscì a far evacuare i francesi da Livorno.
La successiva occupazione della Toscana da parte delle truppe francesi obbligò il granduca Ferdinando III a una fuga precipitosa a Vienna.

La città vecchia di Portoferraio vista dal mare con la torre della Linguella in primo piano. DA
A Portoferraio esisteva una corrente giacobina, ma la maggior parte della popolazione si rivoltò contro i francesi, seguendo l’esempio della spagnola Longone e del resto dell’isola. Scacciati i francesi, l’isola restò in mano alle truppe del regno di Napoli e a quelle del granduca di Toscana. Con il trattato di Luneville del 1801, il granducato passò al duca di Parma e il resto dell’isola ai francesi, ma Fixon, comandante della guarnigione toscana di Portoferraio, resistette loro testardamente invocando un ordine scritto di Ferdinando. Nonostante gli aiuti ricevuti dagli inglesi, la città assediata dovette capitolare un anno dopo (giugno 1802) e l’isola fu così riunita per la prima volta sotto il dominio francese. A quel tempo gli abitanti erano 12.250, di cui 3000 nella sola Portoferraio.
Il codice napoleonico entrò in vigore nel 1805, il codice di commercio nel 1808-9, furono introdotti il matrimonio civile e la riforma tributaria, che limitò le imposte dirette alla sola contribuzione fondiaria. L’Elba, che fino allora aveva vivacchiato sotto i granduchi, gli spagnoli e i principi di Piombino, si trovò proiettata nell’era moderna; per fortuna fu governata da uomini capaci, come il prefetto corso Galeazzini, a cui si deve la costruzione di ponti e strade, e il nizzardo governatore Rusca, entrambi amati e rispettati dalla popolazione.

La grandiosa vista sulla Darsena e sul golfo di Portoferraio dalle mura dei bastioni medicei. DA
Napoleone e l’Ottocento
Nel 1814, costituita in principato in funzione del trattato di Fontainebleau, l’Elba fu assegnata a Napoleone sconfitto, che sbarcò a Portoferraio il 3 maggio 1814, accolto da una popolazione sbalordita per tanto onore. Dopo la sua partenza improvvisa, avvenuta il 26 febbraio 1815, e la resa definitiva, il 30 luglio arrivò a Portoferraio un contingente di truppe toscane per prendere possesso dell’isola in nome del granduca Ferdinando III.
Con la Restaurazione i forti della Stella e del Falcone divennero prigioni per i criminali politici, come lo scrittore e politico Francesco Domenico Guerrazzi, che vi fu imprigionato due volte. Nel 1849 Garibaldi fece una brevissima sosta a Cavo, i bersaglieri di Luciano Manara poco prima erano passati da Mola, presso Capoliveri, diretti a Roma.
L’11 e il 12 marzo 1860 nelle tre preture dell’isola circa 6000 cittadini votarono per l’annessione al regno d’Italia, divenendo sudditi di Vittorio Emanuele II. Gli abitanti nel 1852 erano saliti a 21.446 unità, di cui 5090 a Portoferraio. Negli anni successivi iniziò l’emigrazione, che a fine secolo fu determinata soprattutto dalla diffusione della fillossera, che attaccò massicciamente le viti.

Il forte Falcone realizzato sull’altura più elevata della città a totale controllo del Fronte di Terra. Da
La fine di un’epoca
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