Eleganze e meraviglie del romanico astigiano: Santa Fede a Cavagnolo è un ottimo terreno di indagine per scoprire il romanico astigiano.
di Marina Cappellino
A Cavagnolo, la chiesa di Santa Fede è uno degli edifici romanici del Piemonte più studiati e dibattuti dagli storici. Nato (in circostanze tutte da indagare) come priorato benedettino dipendente da Sainte-Foy de Conques in Francia nel XII secolo, risulta molto articolato nella composizione volumetrica d’impianto e in quella risultante dalle trasformazioni di otto secoli di vita.

Facciata della chiesa di Santa Fede a Cavagnolo, foto di Laurom – Opera propria, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons.
Un’indagine architettonica
L’edifico è tre navate; la facciata a salienti interrotti consente subito di dedurre la presenza del cleristorio in corrispondenza della navata centrale, terminante a est nell’unica abside centrale superstite (fino al 1724 erano documentate le due absidiole laterali), inglobata all’esterno nel complesso di edifici costruiti a sud. Le ultime analisi effettuate dagli storici sulle vicende costruttive dell’edificio evidenziano la presenza di due cantieri pressoché coevi: uno che edificava a partire dall’abside e uno a partire dalla facciata; e probabilmente di un terzo, che costruì utilizzando soprattutto i laterizi: i mattoni che si trovano nella zona più alta del fabbricato. Il complesso periodo di edificazione spiegherebbe il dislivello di circa 40 centimetri tra i filari dei conci di pietra su cui s’impostano i capitelli dei muri perimetrali a ridosso della facciata.

Lunetta del portale, foto di Laurom – Opera propria, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons.
La navata centrale è scandita da alti pilastri, cui sono addossate eleganti semicolonne che recano serie di fantasiosi capitelli eseguiti da due gruppi di scalpellini. I primi lapicidi, di buon livello plastico, realizzarono nella zona prossima all’abside elementi raffiguranti coppie di leoni, motivi nastriformi, foglie piatte e allungate, di cui molti non finiti forse a causa di un’interruzione del lavoro. I secondi lapicidi utilizzarono nella zona prossima alla facciata due livelli diversi di foglie, elementi zoomorfi non ben rifiniti ecc.

Particolare della facciata, foto di Laurom – Opera propria, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons.
Le sculture
Da ciò si può ipotizzare che siano state le prime maestranze a eseguire le splendide sculture della facciata, che paiono aver subito l’influenza francese della casa madre di Conques in Auvergne, almeno per certi modelli decorativi come quelli che compaiono nella seconda ghiera scolpita del portale, a partire dall’esterno. Tale ghiera riporta in chiave una croce patente astile (possibile emblema cluniacense) e, intervallati a una sorta di nodi gordiani, animali esotici e immaginari, mostri divoratori di uomini. Al centro della raffinata e decorata strombatura del portale, poggiante su capitelli con grifoni, leoni e splendide decorazioni fitomorfe, vi è una preziosa lunetta raffigurante il Cristo Pantocrator entro la mandorla, che nella parte inferiore simboleggia la terra e in quella superiore il cielo, affiancato da due angeli. Lunetta a sua volta sorretta da una ricca architrave a girali con foglie, fiori e frutti, di cui un frammento è reimpiegato come blocco sullo stipite sinistro.
La storia
Alla complessità delle vicende costruttive si affiancano le complesse vicende storiche: nell’elenco delle decime della diocesi di Vercelli del 1298-99, Santa Fede compare come dipendente dalla pieve di Cortiglione; il legame con Sainte-Foy de Conques è invece ribadito da riferimenti nel testamento del marchese di Monferrato Giovanni II del 1372, anno in cui a Santa Fede risiedeva solo un priore con due monaci. Nel 1474 passa sotto la diocesi di Casale, costituita ex novo in quell’anno. Tra il 1577 e il 1584 il priorato fu abbandonato e gestito in commenda. Tra il 1728 e il 1797 fu incamerato dalla diocesi di Acqui, con l’utilizzo di monsignor Roero di Cortanze della parte abitativa come residenza estiva. Con papa Pio VI il priorato venne restituito alla diocesi di Casale; in seguito, nel 1867, venne messo all’asta, rimanendo tuttavia sempre di proprietà di enti religiosi, dapprima di don G.B. Frattini in rappresentanza della congregazione del Cottolengo, poi nel Novecento dei padri Maristi.
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