Il confine lombardo del regno d’Italia fu, per sei anni, uno dei luoghi strategicamente più importanti del neonato Stato. Quali luoghi attraversava e in che modo era difeso lo scopriamo con questo articolo.
Di Alessio Anceschi.
A seguito della seconda guerra d’Indipendenza, combattuta tra i mesi di aprile e di giugno del 1859, il regno di Sardegna acquisì, oltreché i ducati emiliani di Parma (Parma, Piacenza e Guastalla) e di Modena (Modena e Reggio), la legazione pontificia delle Romagne e il granducato di Toscana, anche tutta la Lombardia, con l’eccezione del territorio di Mantova, il quale rimase sotto dominio austriaco insieme al Veneto. Con l’armistizio di Villafranca del 12 luglio 1859, ratificato dal trattato di Zurigo del 10 novembre dello stesso anno, vennero delineati i confini tra il regno di Sardegna (e poi d’Italia) e l’impero austriaco, che rimasero in vigore fino al 1866, quando, con la terza guerra d’Indipendenza, anche il Veneto venne annesso al regno d’Italia. Il confine lombardo del regno d’Italia delineato dagli accordi del 1859 divideva in due l’attuale provincia di Mantova:
La frontiera, partendo dal limite meridionale del Tirolo, sul lago di Garda, seguirà il mezzo del lago fino all’altezza di Bardolino e di Manerba; ove essa raggiungerà in linea retta il punto di intersecazione della zona di difesa della piazza di Peschiera con il lago di Garda. Questa zona sarà determinata da una circonferenza il cui raggio calcolato a partire dal centro della piazza, è fissato a 3,500 metri, più la distanza del detto centro alla spianata del forte il più avanzato. Dal punto d’intersecazione della circonferenza così disegnata col Mincio, la frontiera seguirà il Thalweg della riviera fino alle Grazie, si estenderà dalle Grazie in linea diretta, fino a Scarzarolo, seguirà il Thalweg del Po fino a Luzzara, punto a partire dal quale non è nulla cambiato ai limiti attuali, tali quali esistevano prima della guerra. (Dall’articolo 4 del trattato di Zurigo del 10 novembre 1859)
La linea del Mincio
L’atto di delimitazione dei confini realizzato in esecuzione del trattato di Zurigo del 1859 venne stipulato a Peschiera in data 16 giugno 1860 e venne ratificato dall’Italia con legge del 26 luglio 1861 n. 106. A eccezione del territorio veneto di Peschiera, che rimaneva sotto il controllo austriaco, il confine lombardo del regno d’Italia seguiva il corso del fiume Mincio fino alla curva di Curtatone, nei pressi della Madonna delle Grazie (frazione di Curtatone) dove si trova un famoso santuario, proseguendo verso meridione in linea retta fino a intersecare il Po nei pressi di Scorzarolo (frazione di Borgoforte, dal 2014 Borgo Virgilio). A causa delle tensioni tra il regno sabaudo e l’impero austriaco, quest’ultimo tratto del confine lombardo del regno d’Italia provvisorio era largo alcuni chilometri e quindi costituiva una vera e propria frontiera. A meridione del fiume Po l’annessione italiana si spinse fino ai territori mantovani di Viadana, Dosolo e Pomponesco, mentre l’Oltrepò mantovano rimase sotto l’impero austriaco. In seguito a tale demarcazione, il territorio della provincia mantovana occidentale annesso al regno sabaudo fu temporaneamente compreso nelle province di Brescia e di Cremona.

Confine tra il regno d’Italia e l’impero austriaco dal 1860 al 1866. Linee tratteggiate: confini provinciali.
Il mantovano italiano
Il territorio mantovano annesso al regno di Sardegna nel 1859 si estendeva fino ai comuni di Ponti sul Mincio, Monzambano, Volta Mantovana, Goito, Rodigo, Castellucchio e Marcaria. Comprendeva altresì Borghetto (frazione di Valeggio sul Mincio), Balconcello, Ronchi, San Lorenzo (frazioni di Curtatone) e Scorzarolo (frazione di Borgo Virgilio), mentre ne rimanevano escluse una porzione del territorio di Monzambano e la località di Pozzolo (frazione di Goito), che si trovavano a oriente del fiume Mincio. Questi ultimi territori vennero riunificati ai loro comuni originali solo nel 1871 (r.d. 14 ottobre 1871 n. 515), poco tempo dopo la ricostituzione della provincia di Mantova secondo il modello antecedente agli eventi del 1859, avvenuta nel 1868 (legge del 9 febbraio 1868 n. 4232), su impulso del senatore mantovano Giovanni Arrivabene (1787-1881).
In virtù dello stesso provvedimento e per le stesse ragioni, una parte del territorio veneto di Peschiera del Garda, rimasto tra i possedimenti austriaci fino al 1866, venne riassegnata ai comuni bresciani di Sirmione e Pozzolengo. Fino al 1866 facevano parte dei territori austriaci le località di Rovizza e Lugana (frazioni di Sirmione), dove si trovava la dogana asburgica posta sulla strada litoranea del lago. Di questa originaria estensione occidentale permane tutt’ora una piccola lingua di territorio veneto che si protende verso la località di San Martino (frazione di Desenzano), luogo della famosa battaglia. Il confine meridionale del comune di Peschiera fino alla confluenza con il fiume Mincio coincide invece con quello del 1860. In questo tratto si trova tutt’ora il forte Ardietti, costruito dagli austriaci a ridosso del nuovo confine lombardo del regno d’Italia tra il 1856 e il 1861.
Le difese austriache
Dopo l’annessione della Lombardia al regno di Vittorio Emanuele II, tra il 1859 e il 1861 gli austriaci edificarono numerose difese nel territorio veronese, lungo il confine lombardo del regno d’Italia, per ostacolare l’avanzata piemontese. Nella sola zona di Pastrengo vennero costruite quattro fortezze sotto la direzione dell’ingegnere Andreas Tunkler (1820-1873), ovvero i forti Degenfeld (per gli italiani forte Piovezzano), Benedek (Monte Folaga), Nugent (Poggio Pol) ed Erzherzog Leopold (Poggio Croce). Tali fortificazioni integrarono il sistema difensivo del cosiddetto «quadrilatero » allestito per la difesa austriaca del Veneto, il quale aveva come vertici occidentali le fortezze di Peschiera del Garda e di Mantova. Altre opere di difesa vennero costruite, nello stesso periodo, nella parte meridionale della provincia mantovana, sul fiume Po. Di tali fortificazioni sopravvive il forte Magnaguti (dal cognome del conte proprietario del terreno sul quale venne edificato), situato a Borgoforte, mentre il forte Noyeau, situato a Motteggiana, venne demolito nel 1918.
La Terza guerra di indipendenza
Il territorio di Motteggiana, situato a meridione del Po, rientrava amministrativamente nella giurisdizione di Borgoforte e, prima di assumere l’attuale denominazione nel 1868, era denominato «Borgoforte a destra». Con la terza guerra d’Indipendenza, svoltasi tra i mesi di giugno e agosto del 1866, vennero annessi al regno d’Italia anche la restante parte della provincia mantovana e il Veneto. Tale conflitto ha lasciato traccia nel nome dell’isola Cialdini, che si trova nel Po di fronte all’abitato di Borgoforte. L’isola prende il nome dal generale Enrico Cialdini (1811- 1892), che era a capo delle armate italiane in quella zona. La guerra del 1866 si concluse con l’armistizio di Cormons del 12 agosto 1866, ratificato dal trattato di Vienna del 3 ottobre successivo. Il 21 e il 22 ottobre dello stesso anno si tennero i plebisciti di annessione al regno d’Italia. Secondo i dati ufficiali, su 647.495 iscritti si espressero a favore dell’annessione 647.426 votanti. Il passaggio dei nuovi territori al regno d’Italia venne ratificato con r.d. 4 novembre 1866 n. 3300. Gli effetti del trattato di Peschiera del 16 giugno 1860 terminarono, per quanto concerne il territorio mantovano, nel 1871, quando vennero ricostituiti gli antichi confini provinciali. Tale trattato mantiene tuttavia i suoi effetti per quanto concerne la divisione tra le province di Brescia e di Verona sul lago di Garda.
La ricostruita provincia di Mantova
Con legge del 9 febbraio 1868 n. 4232 venne ricostituita la provincia di Mantova e con il successivo decreto del 1871 vennero compiute le modifiche territoriali finalizzate a ricostituire le suddivisioni amministrative comunali precedenti al 1859, benché con alcune piccole eccezioni. In virtù di tali provvedimenti i territori di Ostiano e Volongo, da sempre appartenuti ai domini mantovani, passarono dalla provincia di Brescia a quella di Cremona.
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