D-Day. Da Omaha Beach a Berlino

9,90 

Autore: Marco Gasparini
Formato: 17,5 x 25
Pagine: 144
ISBN: 978-88-7707-217-7

Esaurito

love it, share it

google

Descrizione prodotto

Lo sbarco in Normandia: D-Day. Da Omaha Beach a Berlino

Lo sbarco in Normandia. Alle 9.00 del mattino del 6 giugno 1944, sulla spiaggia di Omaha Beach, il colonnello George Taylor, comandante del 16° Reggimento di fanteria USA, grida ai suoi uomini: «Ci sono due tipi di individui su questa spiaggia: i morti e quelli che moriranno. Andiamo via da qui immediatamente!» Comincia così la vicenda, drammatica ed epica, dello sbarco in Normandia, la più imponente e complessa operazione di sbarco mai concepita nella storia militare. Di sicuro la più decisiva, quella che ha cambiato definitivamente le sorti del più grande conflitto dell’era moderna. Attraverso una straordinaria sequenza di immagini provenienti dagli archivi ANSA, molte inedite in Italia, il volume illustra con grande forza emotiva e documentaria la costruzione del Vallo Atlantico, la lunga preparazione degli alleati, il D-Day, i luoghi dello sbarco, le durissime battaglie di Normandia e Bretagna dei giorni seguenti; ma anche le tragiche vicende dell’anno che segue l’«operazione Overlord»: la liberazione di Parigi, Arnhem e le Ardenne, la battaglia del Reno, il fronte orientale e la scoperta dei lager, l’atto finale a Berlino.

Nel cuore della storia del Novecento, l’attacco alla Fortezza Europa. Come non l’avete mai visto.

L’INTRODUZIONE

Alle prime luci dell’alba del 6 giugno 1944 il canale della Manica appariva come un gigantesco imbuto intasato di navi di tutte le dimensioni. Migliaia d’imbarcazioni militari e mercantili, accompagnate da palloni aerostatici frenati librati nell’aria a scopo protettivo contro le incursioni aeree, si dirigevano verso le coste della Normandia. L’operazione di sbarco più imponente mai realizzata nella storia era stata preceduta dal lancio dei paracadutisti americani e britannici oltre le linee costiere del Vallo Atlantico fatto erigere da Hitler a protezione della Fortezza Europa. Più di due milioni di uomini erano stati preparati a questo evento con il massimo della riservatezza possibile nei centri di addestramento allestiti nell’Inghilterra meridionale. Trentacinque ore prima, gli alleati avevano liberato Roma dall’occupazione nazista e si apprestavano a proseguire la loro corsa verso nord. Ma i comandi angloamericani si erano ormai persuasi da tempo del fatto che, senza una massiccia operazione che consentisse di aprire un secondo importante fronte di guerra nel settore occidentale del continente, la Germania non sarebbe stata battuta con la rapidità necessaria. Il Terzo Reich avrebbe avuto più tempo per riorganizzarsi e di dotarsi di armi potenzialmente micidiali, forse in grado di modificare le stesse sorti del conflitto. I comandi tedeschi le avevano ribattezzate Wunderwaffe, «armi miracolose», di cui la storiografia non è ancora riuscita a ricostruire l’effettivo stato di avanzamento sia sul piano scientifico sia su quello della loro messa a punto. È stato appurato che i nazisti sperimentarono persino l’impiego di bombe «sporche» di tipo radioattivo, ma che non riuscirono a renderne operativo l’impiego installandone, per esempio, sui razzi V1 e V2 che decollavano senza soluzione di continuità dalle rampe di lancio orientate verso il cielo della Gran Bretagna. Ciononostante, era chiaro che, senza un’ulteriore spinta da ovest, i tedeschi avrebbero potuto concentrare tutte le loro forze residue nella campagna d’Italia, dove, facendole affluire proprio dal settore occidentale, avevano dislocato altre 35 divisioni. Consentire ai nazisti di sfruttare le Alpi come ultimo baluardo difensivo della Germania e di concentrarsi a est, per contrastare l’avanzata dell’Armata Rossa, era un duplice rischio che Churchill e Roosevelt non potevano correre. Nel 1944 i russi si apprestavano a occupare il bacino minerario e industriale della Slesia. Gli angloamericani avrebbero dovuto fare lo stesso nei confronti di quello della Ruhr per costringere Hitler a sparpagliare le forze residue su una linea di combattimento sempre più vasta e poi entrare in territorio teutonico, riducendo in modo drastico le capacità produttive della macchina bellica nazista, ancora capace di sfornare temibili strumenti di guerra come i carri armati di nuova generazione Königstiger. Se, a livello teorico, tutte queste considerazioni erano più che condivisibili, sotto il profilo pratico la massiccia invasione della Fortezza Europa era gravida di incognite. Sugli alleati pesavano solo le precedenti esperienze dello sbarco in Sicilia, peraltro in minima parte paragonabile in termini di mezzi impiegati nonché di scarsa capacità di reazione delle forze nazifasciste presenti sull’Isola, ma soprattutto le difficoltà e i notevoli problemi di avanzamento riscontrati nell’Italia centrale subito dopo l’approdo delle armate dei generali Clark e Alexander sulla costa di Anzio. In Normandia lo sforzo da sostenere sarebbe stato titanico, non soltanto in relazione alla necessità di garantire un costante afflusso di uomini e di mezzi nelle fasi cruciali dell’invasione e in quelle di successivo consolidamento sulla terraferma, ma anche in rapporto alla presenza delle agguerrite formazioni corazzate poste agli ordini di Rommel. Come avrebbero reagito i difensori? E quale sarebbe stata la loro effettiva potenza di fuoco? Nonostante fosse stato sorpreso dalla scelta delle coste normanne per l’inizio dell’operazione Overlord, la Volpe del Deserto dimostrò che i soldati tedeschi, oltre che in possesso di una preparazione tattica e militare superiore a quella dei fanti alleati, erano in molti casi più combattivi e più determinati. Rommel sapeva che le 24 ore successive al D-Day sarebbero state decisive e che l’unica possibilità di evitare la disfatta era inchiodare il nemico sul bagnasciuga. Il generale tedesco, protagonista di celebri gesta in terra d’Africa, spedì subito la 12a Panzervdivision delle SS e la Divisione Panzerlehr nei pressi della testa di ponte creata dagli angloamericani tra Saint-Lô e Carentan, ma non riuscì nell’intento di trasformare la battaglia decisiva per il possesso dell’Europa in un’immediata disfatta per gli eserciti invasori. Ne sortì, in una sia pur breve e concitata prima fase, una logorante guerra statica di posizione e quindi una lotta impari di uomini e di mezzi che costrinse i tedeschi a battersi in movimento e in campo sempre aperto, sempre esposti alla devastante potenza di fuoco dell’aviazione nemica. Omaha Beach, Utah, Juno e Sword, le spiagge dello sbarco, passeranno alla storia come l’angusto e sanguinoso passaggio che avrebbe aperto la strada alla liberazione dell’Europa.

L’AUTORE

Marco Gasparini
Nato del 1964, è giornalista e saggista. Specializzato in economia, ha scritto per Il Sole 24 Ore, Il Mondo, nonché di costume su La Dolce Vita. Nel 2011 ha pubblicato per le edizioni Flammarion il libro illustrato Mafia, histoire et mythologie. Per Edizioni del Capricorno ha pubblicato  8 settembre 1943JFK. John Fitzgerald Kennedy Resistenza 1944La Grande Guerra. 1914-1918. Da Sarajevo all’armistizio D-DayPenne Nere Resistenza 1944Seconda guerra mondiale. Immagini dal fronte, dalla Maginot a HiroshimaAnni Sessanta. Immagini dell’Italia1946. Dai Savoia alla Repubblica.