Amato e odiato, combattuto e venerato, Fidel Castro è entrato di prepotenza nell’immaginario di più generazioni, anche in virtù di un’esistenza capace di riassumere in sé tutte le contraddizioni della seconda parte del Ventesimo secolo. Ripercorriamo i primi passi della sua formazione politica nella Cuba di metà Novecento.
Di Bruno Maida.
L’attività politica di Fidel Castro inizia nel settembre 1945, quando entra all’università dell’Avana. S’iscrive a Giurisprudenza, non è chiara neanche a lui la ragione, forse perché i Gesuiti gli hanno ripetuto che sa parlare bene e che quindi l’avvocato è il suo mestiere, forse perché è rimasto affascinato dai racconti sui grandi oratori dell’antica Grecia e gli sembra che il diritto sia lo strumento giusto per imitarli. Non è però la legge ad affascinarlo, quando mette piede in quell’università che ha 200 anni di storia, bensì il fermento politico che l’attraversa, e nel quale si getta subito a capofitto.
L’università dei gangster
Il passaggio è traumatico: dal tranquillo collegio gesuitico a un ambiente dove domina non lo studio, ma il gangsterismo. Perché la vita universitaria all’Avana è in mano a due gruppi in apparenza socialisti e rivoluzionari, in realtà al soldo dei diversi governi per impedire qualsiasi opposizione all’unico elemento che interessa la politica cubana, ossia fare affari, e farli senz’alcuna intromissione. Sono bande armate che commettono omicidi a ripetizione (120 tra il 1944 e il 1948), e chiunque faccia politica si abitua a girare con una pistola. Anche Fidel Castro, che fin dall’inizio si presenta come un protagonista appassionato e autonomo, non manipolabile dalle varie componenti, e per questo minacciato e costretto a un certo punto a muoversi con un servizio di sicurezza personale. A Cuba, dopo la «rivoluzione dei sergenti» del 1933, il vero dominatore della politica è un militare, il poco più che trentenne Fulgencio Batista, colonnello e capo di stato maggiore, presidente per due mandati fino al 1944 quando, impedendogli la costituzione di presentarsi per la terza volta, viene eletto Ramón Grau San Martín, il suo principale avversario. Ma i presidenti che si succedono negli anni Quaranta sono in grado di fare ben poco per modificare le condizioni di Cuba, dove il potere ha soprattutto il volto delle compagnie americane e della mafia, in particolare attraverso un personaggio come Meyer Lansky, uno dei principali gangster statunitensi, appoggiato dai presidenti cubani e figura centrale nella trasformazione di Las Vegas e di Cuba in grandi casinò. Fidel Castro vive tutto questo in modo molto concreto, anche violento (più volte cercano di ucciderlo e tre volte viene accusato di aver partecipato ad attentati), mentre le sue idee politiche sono ancora vaghe e si fondano soprattutto sulla lotta alla corruzione che dilaga nel Paese e sulla necessità per Cuba di un generale sviluppo economico-sociale che tuttavia non può non fare i conti con la potenza americana, alla quale il futuro Líder Máximo guarda con interesse e fascinazione, specie per i valori di libertà e benessere che incarna.
Una rivoluzione abortita
Fidel entra nel Partito Popolare Cubano, creato da Eduardo Chibás, nel quale milita per otto anni, fino a quando si dissolve. Nel PPC s’intrecciano il nazionalismo, il socialismo, l’indipendenza politica ed economica, la giustizia sociale. Al suo interno Castro ha una posizione indipendente, accompagnata però da una sempre maggiore collaborazione con i comunisti. In questi anni, d’altra parte, alla lettura delle opere di Martí si affiancano i classici del marxismo, da Lenin a Marx, e soprattutto il Manifesto del Partito Comunista, che contribuiscono a formarne la coscienza politica. Il suo sguardo è più rivolto in questo momento al Centro e Sud America, e Cuba gli appare come parte di un problema più generale, quello di una condizione caratterizzata dalle dittature e dalla corruzione da cui i popoli vanno liberati. Così nel 1947 partecipa alla pasticciata organizzazione per far scoppiare la rivoluzione nella Repubblica Dominicana e spodestare il dittatore Rafael Leónidas Trujillo. Un tentativo bloccato ancor prima d’iniziare, che tuttavia testimonia di un crescente impegno militante da parte di Castro e di una consapevolezza politica più matura.
«Bogotazo»
Sentendosi vicino al progetto politico di Perón sulla necessità di una terza posizione tra USA e URSS, Fidel Castro contribuisce a organizzare un primo incontro internazionale degli studenti dell’America Latina a sostegno delle posizioni del presidente argentino. Per diffondere questa proposta, Fidel compie una serie di viaggi in Venezuela, a Panama e infine, nell’aprile 1948, in Colombia, dov’è previsto l’incontro e dove è in corso da due anni una violenta guerra civile. A capo dell’opposizione c’è l’avvocato Jorge Eliécer Gaitán, che Fidel incontra a Bogotà. Due giorni dopo viene ucciso per strada, e la sua morte scatena l’esplosione della folla. Sono scontri violentissimi, a cui Castro partecipa, convinto di trovarsi per la prima volta nel cuore di una vera rivoluzione. Gli scontri, che passano alla storia con il nome di «Bogotazo» e durante i quali muoiono più di tremila persone, danno il via a un periodo di intensi conflitti. Per Fidel Castro è una sorta di battesimo del fuoco; è soprattutto l’occasione che gli consente di riflettere sul suo essere comunista – in realtà è ancora molto confuso su questo aspetto – e sulla lotta delle masse, sugli strumenti per conquistare il potere, sulla violenza indirizzata politicamente, sul ruolo di un esercito popolare.
L’avvocato
Pochi mesi dopo, l’11 ottobre 1948, Fidel Castro si sposa con rito religioso con Mirta Díaz-Balart y Gutiérrez, studentessa di filosofia, sua coetanea, che l’11 settembre 1949 dà alla luce il primo e unico figlio legittimo di Castro, Fidelito. Il viaggio di nozze lo fanno negli Stati Uniti, prima Miami poi New York, dove Fidel compra in una libreria una copia del Capitale e prima di partire spende tutti i soldi che il padre gli ha dato per acquistare una Lincoln blu. Nel 1950 si laurea con una tesi sulla cambiale nel diritto internazionale e comparato, inizia a svolgere la professione di avvocato, ma la sua vera passione rimane la politica, e nello stesso anno registra il suo nome nella lista dei candidati per le elezioni previste per il 1952.
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