L’arrivo delle tv private a Torino segnò una vera rivoluzione nei costumi e nelle abitudini. Un’avventura terminata troppo presto, ricordata oggi da uno dei protagonisti.
Di Riccardo Humbert
Dietro allo scalpore dello spogliarello delle casalinghe – grande pubblicità per le tv private di allora e che oggi costituirebbe una sorta di avanspettacolo da oratorio – si muoveva una pletora di maghi tranvieri, di veggenti che rimestavano nel mondo «eso e terico» e di interpreti delle quartine di Nostradamus. Ma cresceva anche il germe della futura televisione italiana, di quella televisione che con più mezzi e più denaro avrebbe semplicemente sviluppato e portato a compimento quello che le tv locali avevano già intuito.
Su tutti i canali
Il panorama torinese dell’emittenza locale era fortemente specializzato: c’era la tv che si occupava esclusivamente di informazione (Videogruppo), quelle che prediligevano l’intrattenimento (GRP, Tele Torino), quella più indirizzata verso la cultura piemontese (Telestudio) o levantina (Tele Manila).
Piero Chiambretti intratteneva le massaie direttamente in via Leinì informandole di una prossima eruzione del Vesuvio mentre Alba Parietti sgambettava con i cavalli in collegamento con Vinovo. E se Maria Teresa Ruta entrava a GRP grazie al babbo che lavorava in banca, la canavesana Ramona Dell’Abate duettava con Diego Novelli (sindaco di Torino) a Videogruppo.
Telecamere bollenti
La città viveva i suoi anni di piombo, le calibro 38 seminavano il panico e alla sera la popolazione guardava quelle macchie in bianco e nero immerse in una neve catodica che lasciava più immaginare che vedere. Nell’autunno del 1977 la vendita di antenne a larga banda toccò il suo picco. Gli antennisti dovettero ordinarle a Milano e a Genova: andava in onda Spogliamoci insieme, più conosciuto come «lo spogliarello delle casalinghe».
Torino contava quasi un milione e duecentomila abitanti e sui tetti della città iniziarono a fiorire antenne come cactus puntati verso la collina. Una nota marca automobilistica inviò una lettera alla direzione di Tele Torino International pregando i responsabili di annullare la replica della domenica sera perché gli operai del primo turno di lunedì arrivavano in ritardo.
Cose dell’altro mondo
Il mito della Torino magica si arricchì di un ulteriore elemento ammantato di mistero: gli avvistamenti di UFO che avvenivano prevalentemente sulle pendici del Monte Musiné, situato ai piedi della Val di Susa. Ecco che ogni redazione aveva il suo ufologo di turno che, in competizione con i colleghi delle altre emittenti, a ogni puntata esordiva con una nuova rivelazione. Si arrivò anche a individuare il comandante della flotta interstellare insediata sul Musiné: si chiamava Itachar. Era alto, biondo con gli occhi azzurri e mangiava solo pastiglie Leone.
A proposito, la parte del suddetto felino la facevano i telegiornali. È vero che spesso si trattava di un’informazione da ciclostilato scolastico, ma era entusiasmante ascoltare notizie che parlavano di Torino, del Piemonte e non del «Grande Raccordo Anulare». L’avventura finì negli anni Ottanta con un’invasione lombarda che spazzò via antenne, studi ed entusiasmi. I pionieri della tv locale avevano terminato la loro corsa.
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