A Cmac, come si chiama nel dialetto ferrarese la cittadina di Comacchio, le superfici quiete dei canali, i ponti seicenteschi che si specchiano nell’acqua e le casette color pastello ricordano una Venezia in scala ridotta.
Di Rossana Cinzia Rando.
Appena arrivato a Comacchio il primo rito del turista, di solito, è salire le scalinate del celebre Trepponti, antica porta fortificata della città per chi proveniva dal mare, ma la vista più bella si gode invece dal ponte degli Sbirri, il cui nome curioso si deve alla vicinanza alle antiche prigioni. Soprattutto al tramonto è pronto a svelarsi con una luce nuova, che riflette le tinte infuocate del cielo.

Il centro storico di Comacchio. Foto da Rossana Cinzia Rando, «25 piccole città imperdibili Emilia-Romagna».
Un po’ di storia
Le prime testimonianze archeologiche della cittadina, adagiata su tredici isolette, risalgono al VII-VIII secolo d.C., quando la località, già sede vescovile, vide il suo sviluppo andare di pari passo con il potenziamento della sua flotta, considerata allora una delle più importanti dell’Adriatico. Dai commerci marittimi, del pesce e, in particolare, del sale, Comacchio ricavò cospicui guadagni per tutto il Medioevo, solleticando gli appetiti di Venezia che, nell’866, iniziò una guerra contro la rivale che si protrasse per diversi secoli. Divenuta libero Comune, Comacchio si diede nel 1325 ai duchi d’Este, che incrementarono la produttività delle valli grazie anche all’adozione di nuove tecniche di pesca, i lavorieri, impianti angolari costituiti da pali e graticci grazie ai quali venivano catturate le anguille mentre tentano di spingersi dai canali verso il mare per riprodursi. Dal 1598 la cittadina entrò a far parte dei possedimenti dello Stato della Chiesa, che provvide a valorizzare lo sbocco al mare ampliando la via che conduce al porto di Magnavacca e innalzando un fondale scenografico di nuovi edifici (civili ed ecclesiastici) e ponti, tra cui il grandioso complesso monumentale dei Trepponti. Nel periodo delle battaglie risorgimentali, non si può dimenticare l’episodio dello sbarco di Garibaldi al porto di Comacchio il 3 agosto 1849, con la moglie in fin di vita. I comacchiesi diedero loro rifugio presso il lido delle Nazioni, dove è ancora in piedi il capanno di Garibaldi, ma Anita spirò il giorno seguente in località Mandriole.

La torre civica. Foto da Rossana Cinzia Rando, «25 piccole città imperdibili Emilia-Romagna».
Una visita particolare
La piccola capitale del delta del Po ha una forma allungata ed è tutta attraversata da canali di cui il Maggiore interseca la direttrice principale del nucleo antico, definita dai corsi Garibaldi e Mazzini. Al loro congiungersi svetta isolata la torre civica o dell’Orologio rano, edificata nel 1621 come deposito del grano destinato ai poveri in caso di necessità. A poca distanza, in corso Mazzini, la cattedrale di San Cassiano si presenta imponente nella sua veste sei-settecentesca, e appare fuori scala se rapportata all’uniforme contesto urbano. Scenografico, all’interno, è l’altare maggiore in marmo sorvegliato da due angeli, che accoglie entro una finta ancona monocroma del bolognese Giuseppe Gotti la cinquecentesca statua lignea di San Cassiano, il protettore della città. Di particolare interesse sono anche il coro con il duplice ordine di stalli, l’organo settecentesco posto sopra la porta d’ingresso e il crocefisso in legno del XVII secolo. Nella piazza attigua alla chiesa s’innalza la coeva torre campanaria, con la base in pietra d’Istria e di altezza ridotta in seguito al crollo nel 1757. All’interno, a fianco della bussola, è esposta la pittura che presenta l’aspetto originario della torre. Proseguendo su corso Mazzini, al termine ci s’imbatte nel coreografico loggiato dei Cappuccini, una sequenza di 142 archi sostenuti da colonne in marmo, con le volte color del cielo dove, in primavera, s’intrufolano le rondini. Dal lungo portico (da percorrere senza fretta per apprezzarne il silenzio e magia) si accede alla settecentesca manifattura dei Marinati e, ancora, al neoclassico santuario dedicato alla veneratissima Santa Maria in Aula Regia (1655). Sopra l’altare una grande statua in terracotta raffigurante la Vergine, opera di scuola ferrarese del XV secolo, è da molti fedeli ritenuta dispensatrice di miracoli.
Una volta vista da terra, Comacchio, proprio per la sua natura di città lagunare prodiga d’incantesimi, va scoperta dall’acqua (o viceversa), approfittando magari dei tour in barca che i volontari propongono gratuitamente da marzo a ottobre con le caratteristiche battane.

Centro storico di Comacchio. Foto da Rossana Cinzia Rando, «25 piccole città imperdibili Emilia-Romagna».
Nell’attiguo convento è allestito invece il museo mariano di Arte Sacra Contemporanea, in cui sono raccolte circa 150 opere tra dipinti, sculture e ceramiche ispirate al culto mariano, realizzate in gran parte da artisti emiliani contemporanei, a cominciare da Remo Brindisi (1918-1996). All’uscita si può fare una sosta nel piccolo parco nella darsena e, se è sera, godersi la vista dell’acquedotto illuminato che si riflette sull’acqua. Seguendo corso Garibaldi (che a un occhio attento svela vicoli incantevoli) si arriva alla chiesa del Santo Rosario (via Sambertolo 7), edificata nel 1618, il cui principale tesoro è la statua coeva della Madonna del Rosario, abbigliata di bianco, che regge con tenerezza il Bambino sulle ginocchia. Merita attenzione anche la grande tela di Cesare Mezzogori, pittore e scultore comacchiese seicentesco, che raffigura la Vergine del Rosario circondata da angeli e santi e sullo sfondo, a sinistra, la battaglia di Lepanto.

Palazzo Bellini. Foto da Rossana Cinzia Rando, «25 piccole città imperdibili Emilia-Romagna».
Ponti e canali
Poiché Comacchio è una città fondata sull’acqua, i protagonisti dell’architettura urbana non possono essere che i suoi ponti, da apprezzare per l’ardita ingegneria, le romantiche vedute a volo d’uccello, gli affascinanti incroci di canali che hanno incantato una lunga schiera di registi italiani, da Michelangelo Antonioni a Luchino Visconti, da Florestano Vancini a Folco Quilici. Scavalcano il canale Maggiore il seicentesco ponte San Pietro e il ponte degli Sbirri, il secondo voluto nel 1631-35 dal cardinale Pallotta e progettato dall’architetto ravennate Luca Danesi con una possente struttura a tre arcate in mattoni e pietra d’Istria. Basta salirci per catturare i più begli scorci della città: il caratteristico quartiere di San Pietro, rimasto integro nel tempo, e l’edificio settecentesco in mattoni della Pescheria, tutt’ora sede del mercato ittico cittadino, con le finestre ad arco e le due file di banchi per l’esposizione del pescato; e ancora l’ottocentesco palazzo Bellini, sede della biblioteca civica e delle più prestigiose mostre della città, e il complesso dei Trepponti, sempre ideato dal Danesi, con cinque ampie scale ad arco difese da due torri. Segna il punto d’unione tra il canale navigabile Pallotta, proveniente dal mare, e il centro della città; infatti, sotto la sua volta si distribuiscono le vie d’acqua interne, costituite da una fitta rete di canali.
A ridosso del ponte, il neoclassico ospedale degli Infermi, progettato da Antonio Foschini e Gaetano Genta tra il 1771 e il 1784, è diventato la suggestiva sede del nuovo museo Delta Antico, che racconta attraverso i circa 2000 reperti archeologici esposti la storia dell’antica foce del Po dall’età del bronzo al Medioevo. In mostra vi è il prezioso carico di una nave mercantile romana di epoca augustea (I secolo a.C.), ritrovata nel 1981 a pochi chilometri da Comacchio con il suo carico di ceramiche da tavola, anfore per il vino e l’olio, profumi e altri oggetti destinati alla vendita, ma anche attrezzi per la navigazione e indumenti personali dei marinai e dei viaggiatori che costituiscono un raro spaccato di vita quotidiana. Nelle sale del museo, altri reperti rimandano a Spina, città etrusca sul delta del Po, e all’antica Comacchio.

Valli di Comacchio. Foto da Rossana Cinzia Rando, «25 piccole città imperdibili Emilia-Romagna».
Fuori dal borgo
Una volta vista da terra, Comacchio, proprio per la sua natura di città lagunare prodiga d’incantesimi, va scoperta dall’acqua (o viceversa), approfittando magari dei tour in barca che i volontari propongono gratuitamente da marzo a ottobre con le caratteristiche battane. Per un’escursione più lunga, via mare, si può decidere di salire a bordo della motonave diretta alle valli di Comacchio, un comprensorio di specchi d’acqua, dossi e saline che rappresentano ciò che resta dell’immensa laguna da cui Comacchio era circondata. Partendo dalla stazione di Pesca Foce si risale il fiume verso i vecchi casoni di pesca del XVII secolo, un museo a cielo aperto dove sono ancora conservati gli attrezzi per la cattura del pesce. Vanto di Comacchio sono inoltre i suoi 7 lidi, distribuiti su 23 chilometri di spiaggia fine, assai frequentati dai ferraresi quando comincia l’estate. Al lido di Spina, oltre alle spiagge, c’è l’avveniristica casa-museo dell’artista Remo Brindisi, scomparso nel 1996. È un edificio a pianta libera con corridoi circolari e una scala a spirale realizzata tra il 1971 e il 1973 su progetto dell’architetta-designer Nanda Vigo. La raccolta d’arte, in un’originale compenetrazione tra architettura, scultura, pittura e design, comprende (oltre alle opere del maestro Brindisi) un grande graffito di Lucio Fontana e sculture di Arturo Martini, Gino Marotta, Giò Pomodoro ed Emilio Isgrò.
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